venerdì 29/11/2024 • 11:00
L'importo dovuto a seguito della risoluzione, da parte del cliente, del contratto validamente concluso relativo alla fornitura di servizi, costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ed è, quindi, soggetto a IVA (CGUE 28 novembre 2024 C-622/23).
Con la sentenza resa nella causa C-622/23 del 28 novembre 2024, la Corte di giustizia UE ha risolto una controversia tra due società stabilite in Austria per ciò che riguarda l'applicazione dell'IVA all'importo contrattualmente dovuto a seguito della risoluzione, da parte del committente, di un progetto immobiliare la cui realizzazione era già stata avviata e che l'impresa di costruzione era disposta a completare.
I fatti di causa
Nel mese di marzo 2018, due società austriache hanno concluso un contratto di prestazione d'opera in base al quale l'impresa di costruzione doveva realizzare un progetto immobiliare in regime di imponibilità.
Dopo l'inizio dei lavori, il committente ha informato l'impresa di costruzione il sopravvenuto disinteresse per la realizzazione del progetto per motivi non imputabili all'impresa di costruzione.
Nel mese di dicembre 2018, quest'ultima ha chiesto al committente il pagamento dell'importo convenuto, previa deduzione di quanto risparmiato in ragione della risoluzione ingiustificata del contratto di prestazione d'opera.
Tenuto conto che il committente non ha provveduto al pagamento, l'impresa di costruzione ha presentato dinanzi al giudice una domanda diretta ad ottenere il pagamento di quanto dovuto, facendo valere il recesso ingiustificato dal contratto da parte del committente.
Il giudice di primo grado ha ritenuto fondata la pretesa dell'impresa di costruzione, dichiarando che l'importo dovuto per i lavori che non avevano potuto essere effettuati a causa della risoluzione del contratto era soggetto all'IVA.
Il giudice d'appello ha riformato la decisione di primo grado dichiarando che non era dovuta l'IVA sull'importo pattuito per i lavori non effettuati, in assenza di uno scambio di prestazioni tra le controparti.
La Suprema Corte ha espresso incertezze sulla possibilità di qualificare l'importo dovuto dal committente come corrispettivo. Infatti, dalla data della risoluzione del contratto da parte del committente, non essendo l'impresa di costruzione più obbligata a fornire il resto della prestazione convenuta, non sarebbe soddisfatta la condizione secondo cui deve esistere un “nesso diretto” tra il corrispettivo ricevuto e la prestazione resa.
Di conseguenza, alla Corte europea è stato chiesto se sia soggetto a IVA, ai sensi dell'art. 2 par. 1 lett. c) Direttiva n. 2006/112/CE, l'importo che il committente deve versare al prestatore nel caso in cui l'esecuzione dell'opera sia stata impedita da circostanze dipendenti dal committente, come nell'ipotesi della disdetta dei lavori.
Orientamento della Corte
Il requisito dell'onerosità della prestazione, previsto dal citato art. 2 par. 1 lett. c) Direttiva n. 2006/112/CE, ricorre quando tra il prestatore e il committente intercorre un rapporto giuridico nell'ambito del quale avviene uno scambio di reciproche prestazioni, tale per cui il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio reso al committente.
Riguardo al “nesso diretto” tra il servizio fornito e il controvalore ricevuto, la giurisprudenza comunitaria ha affermato che il controvalore del prezzo pattuito per la prestazione del servizio è costituito dal diritto del committente all'esecuzione delle obbligazioni risultanti dal contratto, indipendentemente dal fatto che il committente si avvalga di tale diritto.
Pertanto, il prestatore effettua la prestazione nel momento in cui pone la controparte nella condizione di usufruire della stessa, di modo che l'esistenza del “nesso diretto” non è compromessa dall'eventualità che il committente non si avvalga di tale diritto (causa C-43/19).
La stessa giurisprudenza comunitaria ha stabilito che l'importo predeterminato dovuto al prestatore in caso di risoluzione anticipata da parte del committente, o per un motivo a quest'ultimo imputabile, di un contratto di prestazione di servizi continuativi – importo corrispondente a quello che il prestatore avrebbe percepito nella restante parte del periodo di durata del contratto se non si fosse verificata la risoluzione – deve essere considerato quale corrispettivo di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso e, in quanto tale, soggetta a IVA sebbene la risoluzione abbia comportato la mancata fornitura dei servizi prima della fine del periodo convenuto.
Ad avviso della Corte, le stesse considerazioni valgono, “a fortiori”, nel caso di specie, in cui l'impresa di costruzione aveva iniziato a fornire la prestazione di cui trattasi ed era disposto a proseguirne l'effettuazione fino alla sua scadenza per l'importo contrattualmente previsto.
Infatti, da un lato, il controvalore dell'importo che il committente deve pagare è costituito dal diritto, per quest'ultimo, di beneficiare dell'esecuzione, da parte dell'impresa di costruzione, degli obblighi derivanti dal contratto di prestazione d'opera, anche se il committente non intende più avvalersi di tale diritto per motivi ad esso imputabili.
In una situazione come quella che ricorre nella fattispecie in esame, l'impresa di costruzione non solo ha posto il committente in condizione di beneficiare della prestazione, ma, dal momento che aveva già avviato i lavori concordati, ha effettivamente fornito una parte della prestazione, considerato che egli era disposto ad eseguirla fino al suo termine.
Dall'altro lato, ai fini dell'applicazione del sistema comune dell'IVA, occorre altresì tenere conto della realtà economica e commerciale dell'operazione di cui trattasi. Al riguardo, occorre constatare che, nell'ambito di un approccio economico, l'importo dovuto dal committente a seguito della risoluzione del contratto riflette non solo il corrispettivo contrattualmente convenuto per i servizi in questione, previa deduzione degli importi risparmiati – cosicché esiste un nesso diretto tra l'importo di cui trattasi nel procedimento principale e il servizio reso – ma garantisce anche al prestatore di servizi una remunerazione contrattuale minima.
In sostanza, l'importo dovuto all'impresa di costruzione non ha natura risarcitoria, in quanto, da un lato, esiste effettivamente una prestazione di servizi individuabile che, peraltro, l'impresa di costruzione aveva iniziato a rendere e, dall'altro, l'importo che il committente è tenuto a versare a seguito della risoluzione anticipata del contratto corrisponde a quello concordato per l'esecuzione completa della prestazione di servizi, previa deduzione degli importi risparmiati a causa della mancata realizzazione dell'opera.
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