giovedì 31/10/2024 • 06:00
Non è sempre agevole accertare l’esistenza dell’abuso nella fruizione dei permessi 104,dato che la giurisprudenza ammette un’ampia discrezionalità nel suo esercizio. Una recente pronuncia prevede che non integra abuso di permessi la mancata assistenza al disabile durante il turno di lavoro.
La Legge 104/92 prevede una serie di misure volte a supportare l'integrazione e l'assistenza delle persone con disabilità, estendendo tale supporto anche ai familiari che prestano loro cura. Fra queste misure, si includono i permessi retribuiti concessi ai lavoratori dipendenti: l'art. 33 consente, infatti, ai soggetti con disabilità grave e ai loro familiari di usufruire di tre giorni di permesso mensile, in cui l'assenza dal lavoro è retribuita.
Le criticità sottese a questo istituto impongono un breve richiamo ai suoi tratti essenziali.
Quando spettano i permessi
I permessi retribuiti spettano: ai lavoratori dipendenti disabili in situazione di gravità; ai genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità; al coniuge, parte dell'unione civile, convivente di fatto (ex art. 1, commi 36 e 37, legge 76/2016 c.d. Cirinnà, su cui cfr. Corte Cost. n. 213/ 2016 e Circ. INPS n. 38/2018), parenti o affini entro il terzo grado di familiari disabili in situazione di gravità.
Il presupposto per la concessione dei permessi retribuiti è che la persona in situazione di disabilità grave non sia ricoverata a tempo pieno, intendendosi per tale il ricovero per le intere ventiquattro ore, presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa.
Il trattamento economico dei permessi ex legge 104 è generalmente riconosciuto dall'INPS attraverso il meccanismo dell'anticipazione in busta paga da parte del datore di lavoro, il quale provvede, mediante conguaglio nel flusso mensile UNIEMENS, al recupero di dette somme anticipate. Nei casi in cui non sia possibile l'anticipazione da parte del datore di lavoro, l'INPS provvede con il pagamento diretto (Messaggio INPS 18529/2010). I giorni di permesso retribuito assicurano al lavoratore la copertura contributiva c.d. figurativa.
Le forme di abuso e le ricadute disciplinari
Il modello normativo presuppone che la possibilità di fruire di permessi retribuiti sia esercitabile fino a quando permane l'autorizzazione da parte dell'INPS; proprio il perdurare di tale possibilità, espone questa tipologia di assenze ad abusi da parte dei dipendenti con evidenti riflessi sulla materia disciplinare.
È noto, infatti, che le conseguenze che possono scaturire da eventuali e reiterati “abusi”, che si concretizzano nell'utilizzo dei permessi per finalità completamente diverse da quelle assistenziali, sono particolarmente gravi e vanno dal licenziamento per giusta causa sino all'instaurazione di procedimenti penali.
Anche in costanza di requisiti formali e amministrativi per usufruire dei permessi, dunque, è possibile che il lavoratore abusi dell'assenza dal lavoro per fare altro. Può accadere, quindi, che la condotta del dipendente si appalesa così grave da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto di lavoro con l'azienda, in quanto trattasi di comportamento che andrebbe a ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
Non solo, l'abuso dei permessi per Legge 104 costituisce una evidente truffa ai danni dell'Inps, che provvede al pagamento delle giornate di permesso.
Il controllo investigativo del datore di lavoro
Il datore di lavoro, di contro, può ricorrere ad agenzie investigative private anche davanti al mero sospetto che il dipendente possa tenere condotte illecite nel fruire dei suddetti permessi. In specie, il ricorso a siffatte forme di controllo investigativo è da considerarsi sempre lecito, se:
Gli esiti dell'attività di controllo del datore di lavoro possono legittimare il ricorso al licenziamento per giusta causa, nei casi di comportamento fraudolento del dipendente beneficiario dei permessi (Cass. n. 17102/2021).
L'interpretazione estensiva dei permessi da parte della Suprema Corte
L'indirizzo di legittimità tende, comunque, ad interpretare l'assistenza al familiare disabile in maniera alquanto estensiva, rendendo oltremodo arduo l'accertamento di eventuali abusi.
Se, infatti, può costituire giusta causa di licenziamento l'utilizzo, da parte del lavoratore che fruisca di permessi per Legge 104, in attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso (Cass. n. 17968/2016; Cass. n. 9749/2016; Cass. n. 23891/2018, Cass. n. 8310/2019; Cass. n. 1394/2020), si precisa che tale ipotesi si configura quando il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto (cfr. Cass., sez. lav., n. 19580/2019; Cass., sez. lav., n. 8310/2019).
Diversamente, invece, ove l'unica condizione necessaria per l'uso corretto dei permessi ex L. n. 104 – e cioè l'esistenza di un diretto nesso causale tra la fruizione del permesso e l'assistenza alla persona disabile – sia soddisfatta, ben potrà il lavoratore gestire il permesso con una discrezionalità tale da consentirgli di combinare sia l'assistenza al familiare sia il soddisfacimento di proprie esigenze personali.
Infatti, la normativa sui permessi ex Legge 104 ha certamente lo scopo di dare la possibilità ai lavoratori di assistere i propri familiari, ma nel contempo non preclude agli stessi di avere a disposizione una parte del tempo per esigenze e bisogni personali.
L'unico presupposto per la concessione dei permessi è che il lavoratore assista il familiare disabile “con continuità e in via esclusiva”, laddove tale locuzione non implica un'assistenza continuativa per l'intera giornata, ma va interpretata nel senso che è sufficiente che sia prestata in maniera costante ma anche flessibile, in considerazione delle esigenze del lavoratore.
L'orientamento è stato confermato in alcuni recenti pronunciamenti in cui la Cassazione sembra voler avvalorare la possibilità per il lavoratore in permesso ex Legge 104 di svolgere, durante i permessi, anche altre attività non strettamente collegate all'assistenza come, ad esempio, uscire per fare acquisti (anche personali).
Più in particolare, viene escluso che possa riscontrarsi un abuso di diritto ove il lavoratore abbia svolto per poco tempo attività diverse o personali, sempreché gran parte della giornata venga comunque impiegata per l'assistenza al familiare (Cass. n. n. 24130/2024).
Al riguardo, infatti, risultano decisivi due aspetti ai fini di una corretta fruizione dei permessi ex legge 104: l'assistenza alle persone con disabilità non deve essere necessariamente identificata con la presenza personale dell'assistente presso l'assistito; e poi, il controllo circa la correttezza fruizione dei permessi deve essere inteso su base giornaliera e non per corrispondenza all'orario di lavoro che il lavoratore avrebbe dovuto prestare presso il suo datore di lavoro (Cass. n. 25290/2022).
Proprio su quest'ultimo aspetto, infatti, è ormai pacificamente affermato che non integra abuso dei permessi ex art. 33 L. 104/1992 la mancata prestazione di assistenza al familiare disabile durante la fascia oraria coincidente con il turno di lavoro, trattandosi di permessi giornalieri e non su base oraria (Cass. n. 26514 del 11.10.2024).
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Francesco Geria
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