giovedì 24/10/2024 • 06:00
L'Agenzia delle Entrate, con Risp. 23 ottobre 2024 n. 209, analizza la presunzione legale ex art. 60 DL 50/2017 che qualifica i proventi percepiti dai manager come redditi di capitale o diversi qualora sussistano contemporaneamente l'effettuazione di un investimento di ammontare minimo, il differimento della distribuzione dell'extra-provento e il periodo minimo di detenzione degli strumenti finanziari.
Premessa
Nel settore del private equity, per carried interest s'intende quella particolare forma di remunerazione/extra-provento percepito dal management e/o dai dipendenti di società, Enti o società di gestione dei fondi d'investimento derivante dalla detenzione di strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati. Grazie a questi ultimi, i manager hanno il diritto di ricevere una parte dell'utile complessivo generato dall'investimento in misura più che proporzionale all'investimento medesimo.
Con Risp. n. 209/2024 del 23 ottobre 2024, l'Agenzia delle Entrate analizza la presunzione operante ope legis contenuta nell'art. 60 DL 50/2017 che prevede che i proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, Enti o organismi d'investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti e amministratori ditali società, Enti o organismi d'investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti a essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi.
Caso prospettato
Viene chiesto il trattamento fiscale relativo a un piano di coinvestimento previsto nel contratto di lavoro subordinato stipulato dalla società con il manager, avente a oggetto la sottoscrizione di 1.500 strumenti finanziari partecipativi ibridi emessi dalla società controllante, di valore unitario pari a 100 euro, per un totale di 150.000 euro: non è previsto alcun obbligo di restituzione del capitale investito e, pertanto, si qualificano come strumenti rappresentativi di capitale. Il contratto stipulato con il manager prevede oltre allo stipendio fisso, un premio variabile “pari al 20% della sua retribuzione” oltre ad altri “numerosi benefits” e un ulteriore bonus una tantum pari a 50.000 euro.
Il manager s'impegna irrevocabilmente e incondizionatamente a pagare come corrispettivo un importo complessivo pari a 150.000 euro come segue:
L'investimento effettuato dal manager è comunque un importo significativo parametrato alla retribuzione annuale ed è indice di una rilevante esposizione al rischio di perdita del capitale investito: la somma investita dal manager è costituita, oltre che da 40.000 euro in contanti, anche da 110.000 euro ottenuti a mezzo di finanziamento concesso dall'emittente, remunerato a un tasso di interesse del 3% annuo e totalmente rimborsato dal manager.
La retribuzione accordata risulta ampiamente superiore rispetto ai livelli di mercato e la componente variabile della remunerazione spettante al manager non include l'eventuale rendimento legato al piano di coinvestimento: l'assenza di una previsione contrattuale che assicuri al manager la restituzione del capitale e la previsione di un meccanismo fortemente penalizzante nel caso in cui il rendimento per gli altri soci sia inferiore al 100%, espone il manager a un maggiore rischio finanziario rispetto agli altri investitori.
La società istante ritiene che, pur non essendo soddisfatte tutte le condizioni prescritte dall'art. 60 DL 50/2017, ai proventi che verranno attribuiti al manager va in ogni caso riconosciuta la natura di redditi di capitale e/o redditi diversi.
Parere dell'Agenzia delle Entrate
La presunzione di cui al citato art. 60, DL n. 50/2017, operante ope legis, è, applicabile in presenza delle seguenti condizioni:
a) l'impegno d'investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l'1% dell'investimento complessivo effettuato dall'organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o Enti;
b) i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all'organismo d'investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e a un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell'investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;
c) le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori di cui al c. 1 dell'art. 60, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a 5 anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione.
L'Agenzia precisa che la sussistenza dei predetti requisiti è garanzia di un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini d'interesse alla remunerazione dell'investimento e di rischio di perdita del capitale investito, ciò che costituisce la ratio dell'assimilazione dei proventi in argomento ai redditi di natura finanziaria. La carenza di uno o più presupposti stabiliti dalla norma in esame non determina l'automatica qualificazione dei proventi come redditi collegati alla prestazione lavorativa, ma richiede lo svolgimento di un'analisi volta a verificare, caso per caso, l'idoneità dell'investimento a determinare quell'allineamento citato che consente di attribuire alle somme in argomento natura finanziaria.
L'eventuale detenzione di strumenti finanziari aventi le medesime caratteristiche da parte degli altri soci (al pari del management), nonché la presenza di un'adeguata remunerazione per l'attività lavorativa svolta da parte del manager possono fungere da indicatori della natura finanziaria del reddito in questione; un ulteriore criterio di valutazione è nell'idoneità dell'investimento, anche in termini di ammontare, a garantire l'allineamento di interessi tra investitori e management e la conseguente esposizione di quest'ultimo al rischio di perdita del capitale investito. Se tale caratteristica può costituire un indice della natura finanziaria del provento, pattuizioni che incidano in senso negativo sulla posizione di rischio del manager mal si conciliano con la qualificazione dello stesso come reddito di capitale o diverso.
Nel caso in esame, con particolare riferimento al rispetto dell'impegno di investimento minimo da parte dei titolari di diritti patrimoniali rafforzati, l'Agenzia delle Entrate rileva che tale requisito non è integrato in quanto l'ammontare dell'investimento non raggiunge la soglia dell'1% del patrimonio netto della società emittente e, conseguentemente, si rende necessaria un'analisi delle caratteristiche del titolo partecipativo con diritti patrimoniali rafforzati ai fini dell'individuazione della sua natura reddituale. Sebbene l'ammontare sottoscritto dal manager non raggiunga i livelli previsti dalla disposizione, tuttavia assume rilievo la circostanza che sia stato sottoscritto un investimento d'importo pari a 150.000 euro, che seppur non costituisca una cifra rilevante in termini assoluti, rappresenta una cifra rilevante in rapporto al livello retributivo del manager. Nella valutazione del piano di coinvestimento rileva la circostanza che il manager percepisca una retribuzione annua fissa, una retribuzione variabile (pari al 20% della sua retribuzione fissa), nonché numerosi benefits e un bonus una tantum pari a 50.000 euro per i risultati raggiunti nel 2022. La concomitanza dei molteplici elementi sopra descritti, quali l'importo dell'investimento, l'adeguata remunerazione spettante del Manager per la propria attività lavorativa, l'esposizione a un reale rischio di perdita del capitale investito (inclusa la previsione di un meccanismo fortemente penalizzante nel caso di rendimento inferiore a determinate soglie per i soci ordinari), l'assenza di clausole esplicite che ricolleghino l'extra rendimento allo svolgimento dell'attività lavorativa per un determinato periodo di tempo, rappresentano fattori determinanti ai fini della qualificazione dei redditi derivanti dagli strumenti finanziari partecipativi in oggetto, come redditi di natura finanziaria.
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Marco Nessi
- Dottore Commercialista e Revisore LegaleRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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