mercoledì 16/10/2024 • 06:00
Il 15 ottobre 2024 è andata in scena l'ennesima puntata dell'annosa vicenda che accompagna l'operatività del Registro dei titolari effettivi nel nostro Paese. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 8248/2024, ha sospeso il giudizio, rimettendo sei questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia Europea, in ragione dell'estrema delicatezza della questione.
L'ordinanza del Consiglio di Stato
Con l'ordinanza n. 8248/2024 del 15/10/2024 il Consiglio di Stato ha sospeso il giudizio avente ad oggetto i ricorsi presentati avverso le pronunce del TAR Lazio (ricorsi nn. 3366, 3367, 3369 e 3546), rimettendo sei questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia europea, in ragione dell'estrema delicatezza della questione.
In particolare, dopo aver disposto la riunione di tutti i giudizi instaurati, caratterizzati da una connessione oggettiva e inerenti a medesime questioni relative agli obblighi gravanti sulle Società fiduciarie in forza della normativa vigente, i Giudici di Palazzo Spada – pur ritenendo infondati i motivi del ricorso in appello – evidenziano l'insussistenza dei presupposti per l'esonero dal rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 267 T.F.U.E.
Infatti, le questioni di diritto dell'Unione rilevanti nelle controversie afferiscono alla corretta interpretazione di alcune disposizioni della Direttiva (UE) n. 2015/849 (come modificata dalla Direttiva (UE) n. 2018/843) nonché – secondo quanto sostenuto dagli appellanti – la validità stessa della normativa dell'Unione. Ne consegue la necessità di interrogare la Corte al fine di ottenere la «corretta interpretazione delle disposizioni unionali sul concetto di “istituti affini” per assetto o per funzioni, e sulla possibile ostatività del diritto unionale ad una normativa – come quella nazionale – che inserisce tra tali istituti i mandati delle Società fiduciarie».
A seguire, il CdS analizza i 6 quesiti interpretativi da sottoporre all'attenzione della CGUE, i primi 3 dei quali afferiscono, in sintesi, alla ricomprensione dei mandati fiduciari nell'ambito della nozione di istituti giuridici che hanno assetto o funzioni affini ai trust.
In particolare, come evidenziato nell'ordinanza, i quesiti sottoposti alla Corte di Giustizia Europea sono finalizzati a ottenere la corretta interpretazione da fornire alla disciplina normativa dell'Unione (considerando 1, 2, 4, 5, 12, 13, 14, 15, 16, 17 e articoli 2, 3, par. 1, n. 6, e 31 della Direttiva (UE) n. 2015/849; considerando 4, 5, 16, 17, 25-34, della Direttiva (UE) 2018/843), al fine di chiarire se, al suo interno, debba essere ricompresa l'attività svolta dalle Società fiduciarie, così come previsto dal diritto italiano.
Primo quesito: nozione di “istituti giuridici”
In merito alla nozione di “istituti giuridici”, anche alla luce delle «differenti sfumature riscontrabili nelle varie versioni linguistiche» relative ai diversi ordinamenti nazionali, afferma il Consiglio di Stato, il diritto dell'Unione ricorre a una propria terminologia e a nozioni autonome che non necessariamente coincidono con quelle esistenti nei diritti vari nazionali.
Tuttavia, tale discordanza, si evidenzia, non può e non deve comportare una difforme interpretazione e applicazione del diritto dell'Unione. Pertanto, sul punto, i Giudici di Palazzo Spada chiedono alla CGUE conferma di un'interpretazione univoca che consideri la nozione di “istituti giuridici” (di cui all'articolo 31, par. 1, par. 2, par. 10, della Direttiva (UE) n. 2015/849) riferibile a una «unione organica di norme e di principii che regolano un fenomeno sociale» e non a una «concreta e specifica operazione economico-giuridico o, ancora, a tipologie di operazioni economico-giuridiche valutate secondo le loro caratteristiche sostanziali, che abbiano, in ogni caso, assetto o funzioni affini a quelli dei trust».
Portata normativa o ricognitiva dell'individuazione degli istituti giuridici affini effettuata dall'Italia
Sul tema, a parere del Collegio, l'atto del Governo italiano e la Relazione della Commissione costituiscono «una mera ricognizione degli istituti presenti nei vari ordinamenti che hanno caratteristiche affini per l'assetto o per le funzioni a quelle dei trust» e non possono considerarsi «atti integrativi del diritto unionale vincolante». Resta, in ogni caso, prerogativa del Giudice nazionale e della medesima CGUE «verificare, in caso di contestazione, la sussistenza di tale affinità rispetto ai trust dell'assetto o delle funzioni di tali istituti alla luce delle sole disposizioni della Direttiva».
Affinità dell'assetto o delle funzioni del mandato fiduciario stipulato dalle società fiduciarie a quelli del trust
Si tratta, di fatto, della principale delle questioni interpretative emergente dalle controversie in esame, ossia se ritenere l'assetto o le funzioni del mandato fiduciario stipulato dalle Società fiduciarie affine all'assetto o alle funzioni che si riscontrano nel trust.
Sul tema, innanzitutto il CdS evidenzia come la giurisprudenza italiana (anche Sezioni Unite della Corte di Cassazione) sia concorde nel considerare l'intestazione fiduciaria realizzata con il mandato in esame riconducibile alla c.d. fiducia germanistica, senza, quindi, trasferimento di proprietà.
Ciò evidenziato, secondo i Giudici di Palazzo Spada il mandato fiduciario realizza un assetto o una funzione affine a quelli dei trust, sia sotto il profilo degli assetti che tali operazioni realizzano, sia sotto il profilo delle funzioni.
Richiamando una pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. Civ. sez. III, 16.9.2024, n. 24859), si evidenzia come lo “schermo” rispetto ai soggetti terzi derivante dalla separazione tra titolare formale e titolare effettivo che, comunque, si realizza mediante l'intestazione, è «ciò che la Direttiva intende ricucire, perseguendo obiettivi di trasparenza che possano agevolare “una prevenzione mirata e proporzionata del sistema finanziario”»
Il dato di affinità, pertanto, risiede, «nel carattere di fiduciarietà dell'intestazione, comune tanto al trust che al mandato fiduciario, e che è alla base dell'attribuzione dell'incarico di gestione e amministrazione del bene, nonché ragione che spiega il senso dell'operazione negoziale realizzata».
In definitiva, il Collegio sposa un'interpretazione che comporta l'applicazione della Direttiva anche ai mandati fiduciari delle Società fiduciarie.
Proporzionalità della ricomprensione del mandato fiduciario tra gli istituti giuridici affini per assetto o funzioni al trust
Il CdS, nel sottoporre alla CGUE tale questione interpretativa, afferma che il principio di proporzionalità non può considerarsi ostativo a una normativa come quella introdotta dal legislatore nazionale.
Validità della Direttiva (UE) n. 2015/849, come modificata dalla Direttiva (UE) n. 2018/843
Anche in merito a tale quesito sottoposto alla CGUE - relativamente alla presunta invalidità della disciplina per contrarietà alle disposizioni di cui agli artt. 114 e 288, par. 3, del T.F.U.E. e al principio dell'effetto utile - il CdS ritiene la questione infondata atteso che, secondo la giurisprudenza della medesima Corte di Giustizia, con l'espressione “misure relative al ravvicinamento” di cui all'articolo 114 T.F.U.E., si è voluto attribuire al legislatore dell'Unione un certo margine di discrezionalità in merito alla tecnica di ravvicinamento più appropriata per ottenere il risultato auspicato, tecnica da considerarsi idonea e appropriata al risultato auspicato; in tal senso, la nozione di affinità per assetto o per effetti, risulta, comunque, sufficientemente determinata.
Le difficoltà applicative o interpretative evidenziate non sono tali da rendere le disposizioni dell'Unione invalide, «trattandosi di fisiologiche incertezze discendente dall'eterogeneità dei sistemi nazionali, ma, comunque, risolvibili anche mediante il ricorso all'interpretazione di codesta Corte».
Conformità del diritto interno alla Direttiva (UE) n. 2015/849
Quanto alla tutela della riservatezza e della vita privata alla luce della succitata sentenza della CGUE, i Giudici di Palazzo Spada sottolineano come i principi affermati nella citata pronuncia non sembrino in contrasto con la disciplina di cui all'art. 21, comma 4, lett. d-bis), del d.lgs. n. 231/2007, e 7, comma 2, del D.M. n. 55/2022.
La CGUE, infatti, in tale occasione, non ha affermato l'illegittimità di qualsiasi forma di accesso al pubblico al registro dei titolari effettivi, «ma si è limitata a dichiarare invalida la previsione di cui all'articolo 1, paragrafo 15, lettera c), della V Direttiva antiriciclaggio nella parte in cui detta norma ha modificato l'articolo 30, paragrafo 5, primo comma, lettera c), della IV Direttiva antiriciclaggio, eliminando il riferimento al legittimo interesse quale presupposto dell'accesso del pubblico».
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