sabato 03/08/2024 • 06:00
La riforma fiscale prevede tra i criteri direttivi per il riordino dei procedimenti tributari quello di escludere la decadenza da benefici fiscali in caso di inadempimenti formali o di minore gravità. Il D.Lgs. 1/2024 ha attuato in modo parziale tale criterio, lasciando nell'incertezza situazioni che potevano avere una chiara risoluzione nel senso auspicato dalla riforma.
Il D.Lgs. 1/2024, in tema di “Razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari”, all'art. 13, contiene una disposizione con cui si dà attuazione al criterio direttivo previsto dall'art. 16 c. 1 lett. c), della legge delega per la riforma tributaria riguardante l'esclusione della decadenza da benefici fiscali in caso di violazioni formali o di minore gravità. Il decreto attuativo statuisce che “La mancata indicazione dei crediti di imposta derivanti da agevolazioni concesse agli operatori economici nelle dichiarazioni annuali, se spettanti, non comporta la decadenza dal beneficio”.
È palese che il legislatore delegato si sia “concentrato” su una specifica questione, meritevole certamente di attenzione, connessa appunto alla mancata indicazione dei crediti di imposta in dichiarazione, che non comporterà d'ora in avanti la decadenza dal beneficio fiscale. Sono state, però, tralasciate, in modo discutibile, altre ipotesi nelle quali l'inosservanza dell'adempimento formale potrebbe comportare - secondo la tesi del Fisco - la perdita del beneficio fiscale.
Il rapporto con la remissione in bonis
La “restrizione” operata dal legislatore delegato rispetto alle previsioni forgiate dalla delega potrebbe, invero, giustificarsi per esigenze di coordinamento con la c.d. remissione in bonis, disciplinata dall'art. 2 c. 1 DL 16/2012, secondo cui il contribuente che abbia i requisiti sostanziali richiesti dalla norma agevolativa di riferimento, qualora ponga in essere l'adempimento formale ivi previsto entro i termini per la presentazione della prima dichiarazione utile, e qualora versi contestualmente una somma pari alla sanzione residuale minima prevista dall'art. 11 D.Lgs. 471/97, può godere del beneficio fiscale.
Posto che la mancata attuazione dell'adempimento formale previsto dalla legge può essere “sanata” nei termini predetti, si è presumibilmente paventato il rischio che l'attuazione del criterio direttivo indicato dalla legge delega n. 111/2023 avrebbe svuotato di contenuto precettivo la normativa sulla remissione in bonis. Il mancato assolvimento dell'adempimento formale sarebbe divenuto, cioè, sempre irrilevante nella prospettiva di godere del beneficio fiscale, senza la necessità di attuarlo tardivamente con il versamento della sanzione fissa di 250 euro.
Questa preoccupazione, tuttavia, può essere scongiurata. Ed invero, anche se si fosse data piena attuazione al criterio direttivo dell'esclusione della decadenza dai benefici fiscali nel caso di inadempimenti formali o di minore gravità, comunque, vi sarebbero stati spazi di operatività per la remissione in bonis. Quest'ultima sarebbe, infatti, rimasta applicabile ai casi in cui l'adempimento formale omesso è previsto dalla legge che istituisce il beneficio fiscale a pena di decadenza; mentre, nelle ipotesi in cui non è previsto dalla legge a pena di decadenza, avrebbe potuto evocarsi la disposizione prevista dalla riforma tributaria, per giungere alla conclusione della spettanza del beneficio nonostante l'omissione.
Il caso del disconoscimento delle agevolazioni IMU per mancata presentazione della dichiarazione
La questione qui sollevata ha notevoli ricadute applicative. Si cita ad esempio il caso del disconoscimento dell' agevolazione IMU per gli enti non commerciali riferita agli immobili utilizzati per finalità istituzionali, qualora non sia stata presentata la dichiarazione originaria/annuale. Sul punto è intervenuta l'ordinanza di Cassazione n. 37385/2022, la quale ha ritenuto legittima la richiesta del tributo dell'ente impositore su immobili istituzionali non dichiarati, affermando che “il principio della decadenza da un beneficio fiscale in assenza del compimento di un onere di comunicazione espressamente previsto dalla legge è del resto un principio generale del diritto tributario (Cass. n. 21465/2020; Cass. n. 5190/2022)”.
La tesi interpretativa affermata dalla Cassazione non è condivisibile. Essa, a nostro avviso, equipara, in modo discutibile, le ipotesi in cui l'adempimento formale sia previsto dalla legge a pena di decadenza, con quelle in cui la norma istitutiva del beneficio non preveda alcuna conseguenza per il mancato adempimento formale. Con riguardo alla fattispecie esaminata dalla Cassazione, le norme che dispongono l'esenzione in questione (art. 1 c. 759 L. 160/2019 e art. 7 c. 1 lett. i) D.Lgs. 504/92) e le disposizioni sulla dichiarazione IMU degli enti non commerciali (art. 1 c. 769 L. 160/2019), non prevedono che la mancata presentazione della dichiarazione determini la perdita del diritto all'agevolazione.
La mancata presentazione della dichiarazione - dalla quale non deriva alcun obbligo di versamento dell'imposta se riferita a immobili che godono dell'esenzione - espone il contribuente esclusivamente al pagamento della sanzione in misura fissa di € 50 (art. 1 c. 775 L. 160/2019).
Il valore precettivo dei criteri direttivi sufficientemente precisi della legge delega
A questo punto occorre chiedersi se sia possibile superare la restrizione operata dal decreto attuativo della riforma fiscale n. 1/2024. La strada da percorrere è quella dell'assegnazione di un valore precettivo all'art. 16 c. 1 lett. c), della legge delega, nella misura in cui la “non sanzionabilità” (in termini di decadenza dal beneficio) a causa dell'inadempimento formale sia prevista in modo chiaro ed inequivocabile dalla formulazione testuale del criterio direttivo. Richiamando l'orientamento della Corte costituzionale (sent. 224/1990), è sostenibile che, al ricorrere delle predette condizioni, la legge delega esplichi effetti non limitatamente ai rapporti tra Parlamento e Governo, ma sia una fonte direttamente produttiva di norme giuridiche, che, per quel che ci riguarda, impattano sul rapporto Fisco-contribuente.
Nella vicenda che ci occupa, il criterio direttivo della L. 111/2023 secondo cui si prevede di escludere la decadenza da benefìci fiscali nel caso di inadempimenti formali o di minore gravità non necessità di alcuna ulteriore specificazione e potrebbe così rivestire una forza precettiva, anche senza essere stato recepito dal decreto delegato.
Osservazioni
In definitiva, nella misura in cui ci si propone di riportare il rapporto Fisco-contribuente su binari di civiltà giuridica, non solo bisogna semplificare gli adempimenti formali, limitandoli a ciò che è strettamente indispensabile nella prospettiva del controllo fiscale degli Uffici, ma anche occorre superare l'idea di prevedere la decadenza dai benefici fiscali per il mancato rispetto degli adempimenti formali. I benefici fiscali, e in particolare le agevolazioni che determinano una esclusione totale o parziale del versamento, come è noto, sono previsti dalla legge al precipuo fine di perseguire interessi meritevoli di tutela al punto tale da far divenire recessivo il dovere di contribuzione alla spesa pubblica ex art. 53 Cost.
Ed allora, la previsione di una sanzione in misura fissa nel caso di inadempimento formale può rappresentare la giusta prospettiva nella quale indirizzare la reazione dell'ordinamento giuridico per siffatte violazioni, senza mettere più in discussione la spettanza del regime agevolato per tutti quei contribuenti che possiedono i requisiti sostanziali previsti dalla legge di agevolazione. D'altra parte, sia la normativa sulla “remissione in bonis”, sia il criterio direttivo della legge delega che abbiamo evidenziato depongono in tal senso.
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