lunedì 15/07/2024 • 06:00
Il datore di lavoro non può essere chiamato a rispondere delle conseguenze di una patologia pregressa del dipendente ma solo del maggior danno o dell’aggravamento intervenuto per effetto della sua condotta, i quali non si sarebbero verificati senza di essa. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con ordinanza 4 luglio 2024 n. 18298.
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Nel caso in esame, la Corte d’appello territorialmente competente, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava una società al pagamento in favore di una propria lavoratrice “a titolo di risarcimento del danno, della minor somma di € 9.206,00 (anziché € 54.216,00) oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dall’1.10.2017 sino al saldo”, con restituzione in suo favore delle somme versate in esecuzione della decisione del primo giudice.
Ad avviso della Corte distrettuale la sentenza di primo grado non poteva essere confermata laddove, a fronte della pacifica sussistenza in capo alla lavoratrice della patologia al momento della costituzione del rapporto di lavoro, aveva determinato “il danno risarcibile sulla base della totale entità del danno alla salute (pari al 18%)” riscontrato. Tale operazione doveva, invece, essere effettuata “considerando la differenza tra lo stato di invalidità complessivamente presentato dal danneggiato dopo il fatto illecito e lo stato patologico pregresso”.
La lavoratrice ricorreva così in cassazione, affidandosi a due motivi a cui resisteva, con controricorso, la società datrice di lavoro.
In particolare, la lavoratrice eccepiva che...
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