venerdì 01/03/2024 • 14:41
L'Agenzia delle Entrate, con Risp. 1° marzo 2024 n. 57, ha chiarito che l'attribuzione del welfare aziendale in base allo status di maternità non individua una categoria di lavoratori, pertanto le somme corrisposte sono rilevanti ai fini del reddito di lavoro dipendente.
redazione Memento
Con la risposta n. 57 del 1° marzo 2024, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che l'attribuzione del welfare aziendale in base allo status di maternità non è idonea ad individuare una categoria di dipendenti, pertanto le somme in oggetto assumono rilevanza reddituale ai sensi dell'art. 51 c. 1 DPR 917/86.
Si ricorda che il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro (c.d. principio di onnicomprensività) (art. 51 c. 1 DPR 917/86).
Per welfare aziendale si intendono le prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità che è possibile definire, sinteticamente, di rilevanza sociale, escluse dal reddito di lavoro dipendente (Circ. AE 15 giugno 2016 n. 28/E). In base all'art. 51 c. 2 DPR 917/86, occorre che i benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti; non devono, pertanto, essere rivolti ad personam e costituire un vantaggio solo per alcuni lavoratori. L'espressione ''categorie di dipendenti'' utilizzata dal legislatore non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, ecc.), bensì a tutti i dipendenti di un certo ''tipo'' o di un certo ''livello'' o ''qualifica'' (es. tutti gli operai del turno di notte), ovvero ad un gruppo omogeneo di dipendenti, anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle ''utilità'' previste. Non si ritiene, invece, possibile individuare una ''categoria di dipendenti'' sulla base di una distinzione non legata alla prestazione lavorativa ma a caratteristiche o condizioni personali o familiari del dipendente.
Nel caso di specie, l'Istante intende erogare alle lavoratrici madri che alla fine del periodo di astensione obbligatoria usufruiscono del periodo di maternità facoltativa o congedo parentale, un importo, sotto forma di welfare, corrispondente alla differenza tra il 100% della retribuzione lorda e l'indennità di maternità o congedo parentale, per un periodo di 3 mesi. La somma che alimenta il credito welfare individuale sarebbe costituita dalla differenza tra quanto erogato dall'INPS e la retribuzione fissa spettante alla dipendente qualora rientrasse in servizio. Come chiarito dall'AE, l'attribuzione del welfare aziendale in base allo status di maternità non appare idonea ad individuare una ''categoria di dipendenti”, pertanto le somme in oggetto assumono rilevanza reddituale ai sensi dell'art. 51 c. 1 DPR 917/86.
Fonte: Risp. AE 1° marzo 2024 n. 57
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