sabato 13/01/2024 • 06:00
Quali sono i diritti del professionista innocente, assolto dopo anni, quando la sua attività è inevitabilmente dissolta? Un problema grave, purtroppo sino ad oggi non adeguatamente considerato. Gli ODCEC di Milano e di Torino in un recente convegno hanno posto l'attenzione sul tema suggerendo alcune auspicate iniziative.
Sono tristemente note le conseguenze afflittive che un procedimento penale comporta nei confronti dell'imputato innocente. Il più delle volte la devastazione inizia ancor prima del procedimento vero e proprio con la divulgazione mediatica dell'indagine in corso, una sorta di “gogna ante processo” che, inesorabilmente, compromette l'attività del professionista imputato oltre che la persona stessa. A seguire le tempistiche, solitamente anni, perché si giunga ad una sentenza definitiva che dia ragione all'imputato.
Nel caso dell'imputato lavoratore autonomo, occorre poi considerare che lo studio si poggia sull'onorabilità del libero professionista, quale requisito a base del rapporto fiduciario che viene instaurato con il cliente: in poche parole può dirsi che la sua onorabilità ne costituisce l'avviamento professionale.
E' pertanto intuibile come qualsiasi divulgazione di notizie attinenti indagini svolte nei confronti del professionista a discredito della sua reputazione, a ricaduta ledano irrimediabilmente l'attività di studio.
Che dire poi se dalla fase di indagini si giunge al decreto che dispone il giudizio dopo il filtro “formale” dell'udienza preliminare? E se poi inevitabilmente si arriva al decreto che dispone il rinvio a giudizio? Altri articoli di stampa che si susseguono udienza dopo udienza, con una precisione cronologica impietosa e per un tempo indefinito.
Nel frattempo la clientela dello studio professionale, commercialista, avvocato o altro, non importa, indotta a dubitare dell'integrità morale del proprio consulente di fiducia, si rivolge ad altri, fino a scomparire del tutto o quasi.
Sul piano soggettivo dell'indagato/imputato innocente, si scatena in molti casi una sorta di devastazione interiore: nell'attesa degli anni che un procedimento penale implica, con la speranza di trovare giustizia, non è infrequente l'insorgenza di gravi problematiche che compromettono irrimediabilmente la qualità della vita del professionista. Si tratta non solamente dell'intuibile danno economico patrimoniale ovvero di quello biologico con l'insorgenza di malattie anche gravi in un fisico provato dallo stress derivante dal coinvolgimento in un processo penale infondato. Non da meno dovranno essere prese in considerazione le gravi conseguenze sul piano psicologico dell'imputato innocente: il danno reputazionale intimamente collegato a quello esistenziale che potrebbe sfociare nell'agorafobia. Il timore di essere ingiustamente additato come un poco di buono porta all'isolamento sociale. Sul piano lavorativo viene meno quell'entusiasmo che aveva fino ad allora contraddistinto il consulente, con il correlato rischio di porre in essere danni o comunque non assistere adeguatamente i clienti rimasti con il rischio di addebiti o, nel migliore dei casi, di definitiva chiusura dello studio professionale.
Infine, dopo anni, la sentenza di proscioglimento che trova, nel migliore dei casi, lo spazio di un trafiletto a fondo pagina delle stesse testate che anni prima avevano dato così grande ridondanza ad informare la collettività delle indagini.
Tutela e ristoro del professionista prosciolto da accuse penali infondate
I non addetti ai lavori penseranno che alla fine la giustizia ha trionfato, sebbene con tempistiche che non sono compatibili con le normali esigenze della vita umana.
Purtroppo non è così!
Il libero professionista che avrà superato indenne il calvario mediatico e processuale, oltre ad essere provato nel fisico e nella psiche, il più delle volte si trova privato della sua attività costruita dopo anni di studi e sacrifici.
Oltre alla violazione di un diritto sacrosanto, ci si trova di fronte ad un paradosso processuale: l'imputato innocente definitivamente prosciolto, si trova a scontare la condanna perpetua della interdizione di fatto nell'esercizio della professione.
Come conciliare poi questa tragica condizione con il principio della Costituzione secondo cui all'art. 27: l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva?
Evidentemente c'è qualcosa che non funziona.
Sì, sono lodevoli i programmi di reinserimento di ex detenuti rei in ambito socio lavorativo, ma come mai nessuno si è ad oggi posto il problema della tutela del diritto soggettivo del professionista innocente, che sia stato devastato da un procedimento penale ingiusto?
Pare questa una lacuna abnorme, sia dal punto di vista delle garanzie costituzionali che le Istituzioni del Paese sono chiamate a tutelare, ed ancor più, di centralità della figura umana.
Questa tematica è stata affrontata il 8 novembre 2023 quando, su iniziativa dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano, in condivisione con quello di Torino, è stato esaminato il tema delle ipotesi di “tutela e ristoro del professionista prosciolto da accuse penali infondate” alla presenza di autorevoli personalità in ambito istituzionale, accademico e professionale.
Su proposta del gruppo di studio organizzatore del convegno, sono state suggerite due linee di interventi: l'una a livello locale ordinamentale, l'altra a livello centrale istituzionale.
In ambito locale: siano i singoli Ordini di appartenenza ad istituire apposite commissioni per la tutela dei propri iscritti che, su istanza di parte, valutino le più opportune iniziative atte a restaurare l'immagine del professionista nei casi questi sia in condizione di svolgere la propria attività.
A titolo esemplificativo e non esaustivo gli Ordini potranno adottare le seguenti iniziative:
1) Disporre l'applicazione del diritto all'oblio rispetto alle informazioni presenti nel web e che avvenga in maniera automatica per la definitiva cancellazione di qualsivoglia traccia di notizie diffamanti;
2) Diffondere notizie dell'assoluzione tramite i medesimi canali mediatici utilizzati per screditare il professionista e impiegando spazi e tempi analoghi;
3) Realizzare specifici programmi miranti a:
Nei casi più drammatici di inidoneità alla ripresa dell'attività professionale, gli Ordini di appartenenza avranno stipulato polizze di assicurazione nell'interesse dei propri iscritti affinché possano beneficiare di un vitalizio adeguato al tenore di vita ante sinistro (lucro cessante).
A livello centrale istituzionale, dovranno essere studiate le modalità per l'istituzione di un fondo di garanzia che consenta:
Quanto sopra costituirà tuttavia un rimedio parziale rispetto alle reali conseguenze patite dal lavoratore autonomo innocente che abbia perso la sua attività, tenendo bene a mente l'irreparabilità dei danni da valutarsi di volta in volta.
Altrettanto importante è considerare che tali conseguenze inevitabilmente ricadono sul sistema Paese, sia in termini di maggiori oneri – procedimentali e assistenziali/risarcitori – sia in termine di perdita di importanti risorse intellettuali.
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