venerdì 08/12/2023 • 06:00
L'esistenza di un vantaggio economico può essere accertata solo rispetto a un'imposizione fiscale “normale”. Di conseguenza, solo il diritto nazionale deve essere preso in considerazione al fine di individuare il sistema di riferimento in materia di imposte dirette, essendo tale individuazione a sua volta un presupposto indispensabile per ritenere “selettivo” o meno un vantaggio.
La fattispecie in controversia e i presupposti in diritto
La Commissione europea, in data 20 giugno 2018, riteneva che il granducato di Lussemburgo avesse concesso, tramite la propria amministrazione tributaria, in violazione dell'art. 107, paragrafo 1 e dell'art. 108, paragrafo 3 Tfue, un vantaggio selettivo a un gruppo di imprese. In particolare, l'Organo comunitario aveva contestato che la quasi totalità degli utili realizzati dalle società figlie del gruppo in Lussemburgo non erano stati assoggettati a imposta, in particolare, a causa dell'esenzione prevista dalla legge nazionale, con conseguente perdita di gettito fiscale.
Al riguardo, secondo la Commissione, lo Stato membro interessato non aveva addotto alcuna giustificazione del trattamento favorevole di cui avevano beneficiato le società in questione.
A seguito del ricorso avanti al Tribunale Ue da parte sia del gruppo di imprese che del granducato di Lussemburgo, il Collegio lo respingeva.
Investita della complessa vicenda, la Corte di Giustizia premette che gli Stati membri devono astenersi dall'adottare qualsiasi misura fiscale che possa costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.
Ma non solo, viene evidenziato che l'esistenza di un vantaggio economico, ai sensi dell'art. 107 paragrafo 1 Tfue, può essere accertata solo con riferimento a un'imposizione fiscale definita “normale”. Quindi, solo il diritto nazionale applicabile nello Stato membro interessato deve essere preso in considerazione al fine di individuare il sistema di riferimento in materia di imposte dirette, essendo tale individuazione, a sua volta, un presupposto indispensabile, al fine di valutare non solo se esista un vantaggio, ma anche se quest'ultimo abbia carattere selettivo.
Secondo la Corte, il Tribunale si era discostato da un'interpretazione letterale delle disposizioni in questione e, confermando l'approccio della Commissione, il Collegio di prima istanza aveva ritenuto, in un primo tempo, che l'esenzione dei redditi da partecipazioni di una holding potesse essere prevista, nel diritto lussemburghese, solo se i redditi distribuiti dalla sua società figlia erano stati previamente assoggettati a imposta. In un secondo tempo, il Tribunale aveva ritenuto che occorresse abbandonare l'approccio formalistico consistente nel considerare isolatamente ciascuna delle operazioni che componevano il congegno finanziario elaborato dalle società di cui trattasi e andare oltre le apparenze giuridiche per cogliere la realtà economica e fiscale di tale congegno, il che lo aveva indotto a dichiarare che gli accrescimenti sul prestito in questione equivalevano in sostanza a distribuzioni di utili.
Sull'ulteriore punto in controversia, i giudici lussemburghesi premettono che la qualificazione di una misura fiscale come “selettiva” non soltanto presuppone la conoscenza del contenuto delle pertinenti norme di diritto, ma richiede altresì l'esame della loro portata, fondato, tra l'altro, sulla prassi amministrativa e giurisdizionale dello Stato membro di cui trattasi.
Di conseguenza, secondo la Corte di Giustizia, il Tribunale ha commesso un errore di diritto allorché ha ritenuto che la presa in considerazione, da parte della Commissione, della prassi amministrativa delle autorità tributarie lussemburghesi relativa alla legge di adeguamento fiscale non fosse necessaria, sulla base del rilievo che tale disposizione non avrebbe dato luogo ad alcuna difficoltà di interpretazione.
La Commissione si era limitata a un'analisi generale delle condizioni di applicazione della normativa nazionale sull'adeguamento fiscale, senza dimostrare che nei tax ruling in questione l'amministrazione tributaria lussemburghese si fosse discostata, in particolare, dalla sua prassi relativa ad operazioni comparabili a quelle di cui trattasi.
Le conclusioni della Corte di Giustizia
In sostanza, osserva la Corte, la Commissione aveva espressamente ammesso che, dal punto di vista economico, il reddito percepito dalle holding, derivante dalla conversione dei prestiti, equivaleva a una distribuzione di utili. Tuttavia, poiché tale distribuzione non era stata sostanzialmente assoggettata a imposta, la Commissione aveva dedotto tale deroga dalla circostanza che l'amministrazione tributaria lussemburghese, mediante tax ruling, aveva accettato che la realizzazione degli accrescimenti sul prestito a livello delle holding beneficiasse dell'esenzione dei redditi da partecipazioni ai sensi della legge lussemburghese, sebbene tali accrescimenti fossero stati dedotti dagli utili imponibili delle società figlie.
Tuttavia, secondo i giudici lussemburghesi, tale analisi era viziata da un errore atteso che, ammettendo che gli accrescimenti sul prestito oggetto dei tax ruling di cui trattasi avessero costituito, dal punto di vista economico, una distribuzione di utili, questi ultimi tax ruling non potevano, comunque, aver derogato alla normativa nazionale qualificando gli accrescimenti in parola come redditi da partecipazioni per le holding e, dunque, esentando tali redditi in virtù di quest'ultima disposizione.
Inoltre, la Commissione non aveva ritenuto che le esenzioni previste dal sistema lussemburghese di imposizione fiscale delle società costituissero di per sé un regime di aiuti, ma aveva reputato che la loro applicazione mediante tali tax ruling avesse conferito al gruppo di società un vantaggio selettivo ai sensi dell'art. 107 paragrafo 1 Tfue.
In sostanza, la Commissione aveva escluso la rilevanza di una norma tributaria nazionale sulla base del rilievo che l'applicazione di tale disposizione non poteva mettere in discussione la conclusione che l'effetto combinato della deducibilità degli accrescimenti sul prestito in questione a livello delle società figlie e dell'esenzione dei redditi corrispondenti a livello delle holding derogava all'obiettivo del sistema generale lussemburghese di imposizione fiscale delle società, consistente nel tassare gli utili di tutte le società che sono assoggettate a imposta in Lussemburgo.
Fonte: CGUE 5 dicembre 2023 - cause riunite C-451/2021 e C-454/2021
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