Una circolare lunghissima, una specie di zibaldone il cui valore sta essenzialmente nel riunire e riepilogare in un unico testo varie risoluzioni e risposte a interpelli precedentemente resi nella spinosa materia delle cripto-attività.
D'altra parte, non si capisce l'utilità di compendiare una serie di orientamenti interpretativi in tema di rilevanza reddituale e soprattutto in tema di classificazione reddituale nell'ambito delle fattispecie di cui all'art. 67 TUIR (e non), quando la disciplina delle cripto-attività dal 1° gennaio 2023 è stata appiattita in un'unica categoria che raggruppa tutte le cripto attività indipendentemente dal sottostante della rappresentazione digitale (art. 67, c. 1 l. c-sexies TUIR).
La tassazione delle plusvalenze
In realtà, il valore interpretativo che la circolare attribuisce alle fattispecie reddituali derivanti da cripto attività per il periodo precedente al 2023 è sorretto dalla dubbia previsione contenuta nel comma 127 della Legge di Bilancio che inquadra genericamente i redditi derivanti da cripto attività come imponibili in base alle disposizioni contenute nell'art. 67 TUIR, nella versione precedente alla novella legislativa che ha introdotta la l. c- sexies del comma 1, dell'articolo 67 TUIR.
Previsione dubbia perché in sostanza qualifica le plusvalenze da cripto attività come fiscalmente rilevanti in base all'art. 67 TUIR che tuttavia ha una impostazione casistica che non prevede espressamente i proventi da cripto attività.
Tassazione retroattiva
Il lavoro compiuto in via interpretativa dall'Agenzia delle Entrate, nel tentativo di dare senso a una previsione di legge che nei fatti introduce una tassazione retroattiva, è tuttavia contraddittorio.
E questo, perché fonda l'individuazione delle fattispecie rilevanti su base analogica, guardando cioè il sottostante della rappresentazione digitale della specifica cripto attività, ed equiparandolo ad un caso simile espressamente previsto dalla norma di legge.
Con questo procedimento logico, assimila i redditi derivanti dalla cessione a termine e dai prelievi da wallet ai redditi di natura finanziaria di cui all'art. 67, c. 1 l. c-ter) TUIR; assimila ai rediti diversi di cui all'art. 67 c. 1 l. c-quater) TUIR i redditi derivanti da cfd con sottostante cripto valute; assimila i redditi derivanti da security token ai redditi di capitale (se si tratta di proventi diversi da plusvalenze) ai sensi dell'art. 44 c. 1 l. h) TUIR, ovvero ai redditi diversi di cui all'art. 67 c. 1 l. c-quinquies) TUIR ai redditi se si tratta di plusvalenze; assimila ai redditi diversi di cui all'art. 67 c. 1 l. c quater) TUIR i proventi derivanti dagli utility token; etc.
Tecnicamente, l'interpretazione analogica non sarebbe consentita in chiave di ampliamento delle fattispecie imponibili.
E questo perché la riserva di legge prevista dall'art. 23 Cost. in tema di imposizione di prestazioni patrimoniali costituisce un limite insuperabile che impedisce l'allargamento delle fattispecie imponibili al di là del perimetro tracciato dalla legge, come più volte ribadito dalla Cassazione. Tuttavia, nel nostro caso è intervenuta ex post una legge sostanzialmente interpretativa sul punto, attribuendo rilevanza fiscale ai proventi da cripto valute in base genericamente alle previsioni di cui all'art. 67 TUIR che, però, come si è detto, fino alla novella della lettera c- sexies del comma 1, dell'articolo 67 TUIR non menzionavano affatto le cripto attività.
Di qui la necessità per l'Agenzia delle Entrate di considerare il sottostante delle cripto-attività per innescare il processo di assimilazione logica.
E tutto ciò, in palese contraddizione con la novella di cui alla lettera c-sexies del comma 1, dell'articolo 67 TUIR che invece attribuisce rilievo fiscale ai proventi da cripto attività sulla base esclusivamente della sua intrinseca natura di rappresentazione digitale di valore o di diritti, ritenendo irrilevante a tal fine la natura del sottostante.
Ma in questa incomprensibile quanto maldestra operazione, c'è un altro problema giuridicamente rilevante. Vale a dire la violazione palese dell'art. 1, 3 c. dello Statuto del contribuente secondo cui “l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica”.
Ed essendo le disposizioni dello statuto espressamente attuative dei principi costituzionali di cui agli artt. 3,23,53 e 97 Cost, la violazione delle stesse costituisce violazione indiretta delle norme costituzionali che contengono quei principi.