lunedì 18/09/2023 • 06:00
Facendo buon governo dei princìpi di proporzionalità e di neutralità sanciti dalla giurisprudenza comunitaria, la Corte di Cassazione considera rideterminabile in riduzione la sanzione proporzionale prevista per l’indebita detrazione dell’IVA, in specie quando si verte in una situazione di assenza di danno erariale.
La controversia all'origine della pronuncia
L'Ufficio ha recuperato ad imposizione l'IVA detratta dalla società in relazione ad alcune operazioni oggettivamente inesistenti effettuate sul mercato telematico dell'energia elettrica.
Secondo i rilievi dei verificatori, tra le società del medesimo gruppo sarebbero state poste in essere operazioni di compravendita di energia secondo un meccanismo circolare a saldo zero, in forza del quale, allo scopo di consentire alla società capogruppo di accedere ai finanziamenti degli istituti di credito, i quantitativi di energia acquistati risultavano sempre uguali a quelli venduti e i corrispettivi pagati da ciascuna società per gli acquisti risultavano parimenti sempre pari a quelli incassati per le rivendite.
La società, alla quale l'Ufficio ha contestato di avere indebitamente detratto l'IVA, si è difesa sostenendo che le operazioni in questione erano comuni operazioni di trading cd. “back to back”, tipiche del mercato elettrico, con saldo al termine delle negoziazioni e che, in ogni caso, l'Erario non aveva subìto alcuna perdita di gettito, avendo le controparti provveduto a versare l'imposta dovuta sulle operazioni di vendita.
I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso della società limitatamente alla domanda subordinata di riduzione delle sanzioni, dagli stessi disposta nella misura del 30%.
L'appello è stato rigettato alla luce degli elementi presuntivi della fittizietà delle operazioni di trading effettuate dalla società forniti dall'Ufficio e, riguardo alle sanzioni, i giudici hanno ritenuto ingiustificata la riduzione disposta in primo grado, non sussistendo alcuna norma a supporto della stessa e non essendo stato esposto il criterio utilizzato ai fini di tale rideterminazione.
L'indetraibilità dell'IVA relativa alle operazioni inesistenti
I giudici di legittimità, con la sentenza n. 26374 del 12 settembre 2023 in commento, hanno anzitutto confermato la decisione dei giudici di merito in ordine all'indetraibilità dell'IVA relativa alle operazioni inesistenti.
Sul punto, occorre tenere distinta la posizione del fornitore da quella del cliente.
Infatti, da un lato il fornitore è tenuto a versare all'Erario l'imposta come si desume dall'art. 21 c. 7 DPR 633/72, che nel recepire l'art. 203 Direttiva n. 2006/112/CE, stabilisce che, se il cedente/prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.
Come specificato dalla giurisprudenza comunitaria, l'obiettivo perseguito dalla norma consiste nell'eliminazione del rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dall'esercizio del diritto di detrazione da parte del cessionario/committente.
Tale obiettivo deve intendersi soddisfatto, sicché il cedente/prestatore ha diritto di non versare l'imposta o di chiederne il rimborso, nell'ipotesi in cui il cessionario/committente sia un privato consumatore o un soggetto passivo che non agisce in quanto tale (Corte di giustizia UE, 8 dicembre 2022, causa C-378/21), nonché quando il cessionario/committente sia un soggetto passivo che, pur agendo in quanto tale, ha eliminato completamente il rischio di danno erariale discendente dall'esercizio della detrazione riversando all'Erario l'imposta indebitamente detratta o non annotando la fattura ricevuta nel registro degli acquisti o in altre scritture contabili destinate ad evidenziare il diritto alla detrazione (Cass. 16 novembre 2020, n. 25896).
Lo stesso principio, inoltre, è applicabile non solo quando l'IVA sia stata erroneamente addebitata sulle operazioni esistenti, ma anche in caso di operazioni inesistenti (Corte di giustizia UE, 8 maggio 2019, causa C-712/17 e Cass. 12 ottobre 2021 n. 27637).
Dall'altra, per ciò che riguarda la posizione del cliente, le indicazioni emergenti dalla giurisprudenza sono più semplici, essendo in ogni caso vietato l'esercizio della detrazione relativa alle operazioni inesistenti, come ha confermato la sentenza n. 26374/2023 in commento nel caso di specie, pur avendo i fornitori versato regolarmente l'imposta all'Erario.
La riduzione della sanzione
L'art. 6 c. 6 D.Lgs. 471/97 in vigore all'epoca dei fatti, cioè prima della modifica operata dal D.Lgs. 158/2015, prevedeva la sanzione proporzionale del 100% per l'indebita detrazione dell'IVA, ora pari al 90%.
La Cassazione, nella sentenza in esame, ha riformato la decisione dei giudici d'appello, confermando la rideterminazione della sanzione operata in primo grado, cioè nella misura ridotta del 30%, in forza del principio di proporzionalità, che secondo il costante orientamento della giurisprudenza comunitaria esclude che le sanzioni possano eccedere quanto necessario per assicurare l'esatta riscossione dell'IVA ed evitare l'evasione (sent. 8 maggio 2019 causa C-712/17).
Nel caso di specie, la riduzione della sanzione è giustificata dal saldo IVA pari a zero, avendo la società acquistato e venduto fittiziamente gli stessi quantitativi di energia elettrica al medesimo prezzo.
Pertanto, nella situazione descritta, la sanzione del 100% dell'importo dell'imposta indebitamente detratta, irrogata senza tener conto del fatto che un medesimo importo era stato regolarmente assolto a valle e che l'Erario non aveva subìto, di conseguenza, nessuna perdita di gettito, costituisce una sanzione sproporzionata rispetto all'obiettivo da essa perseguito.
I giudici di legittimità ritengono, inoltre, che la sanzione del 100% violerebbe anche il principio di neutralità, privando di valore il diritto di recupero dell'imposta versata dai fornitori ai sensi dell'art. 21 c. 7 DPR 633/72. Se è vero, infatti, che l'imposta può essere rettificata ai seni dell'art. 26 DPR 633/72 o chiesta a rimborso ai sensi dell'art. 30-ter DPR 633/72, continuerebbe comunque ad essere dovuto, sia pure a titolo di sanzione, un importo pari a quello dell'imposta indebitamente detratta.
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