L'obiettivo principale della riforma della giustizia tributaria varata nel 2022, come è noto, è quello di dare un nuovo volto agli organi giudicanti, puntando alla creazione di una magistratura togata, dedita esclusivamente alla gestione delle controversie tributarie, che possa assicurare una maggiore qualità del giudizio e allo stesso tempo una tendenziale riduzione della propensione del contribuente a rivolgersi al giudice nella speranza di sfruttare la poca professionalità del collegio giudicante e vedersi così riconosciute tesi giuridiche poco fondate.
Si tratta di un risultato auspicato e condiviso da tutte le parti in gioco, visto anche l'enorme valore economico delle questioni affrontate dai giudici tributari italiani. D'altra parte, l'Europa ha spinto verso una soluzione di questo tipo, come dimostra il fatto che la riqualificazione dell'organo di giustizia tributaria, cioè il passaggio da giudici onorari a giudici professionali, rientra tra gli obiettivi del Pnrr.
Orbene, qual è lo stato dell'arte ad un anno dalla riforma? Si è fatta tanta strada o si è mosso solo qualche piccolo passo? In altre parole, è cambiato molto o poco nel comparto della giustizia tributaria? Un “bilancio annuale” è opportuno, senza voler incriminare nessuno, perché se ci si rende conto della lentezza con cui il Parlamento ha approvato il testo di legge, non ci si può certo stupire dei ritardi nella concreta attuazione di ciò che la legge prescrive.
Le Corti di giustizia tributaria e i nuovi magistrati tributari
Il primo punto su cui si è prontamente intervenuti è stato il cambio di denominazione dell'organo giudicante in Corti di giustizia tributaria. Subito dopo l'entrata in vigore della L. 130/2022 si è assistito, infatti, ad una intensa attività materiale finalizzata ad aggiornare le indicazioni in tal senso presso i locali dove si svolge il processo tributario e le pagine virtuali sul web. Il cambio di denominazione non rappresenta una mera formalità, ma è evocativo di una maggiore attenzione all'idea di giustizia su cui deve incentrarsi il processo tributario.
Oltre al cambio di denominazione, il legislatore ha previsto un avvicendamento dei soggetti preposti a garantire lo svolgimento di un giusto processo tributario. L'art. 1 L. 130/2022, innovando il D. lgs. n. 545/1992, stabilisce, infatti, che la giurisdizione tributaria è esercitata da magistrati e giudici tributari e che la nomina a magistrato tributario presuppone l'espletamento di un concorso per esami, mirando ad un organico di 448 unità presso le Corti di giustizia di primo grado e 128 unità presso le Corti di giustizia di secondo grado.
Il primo passo per soddisfare al fabbisogno di magistrati, da reclutare tramite bandi con cadenza annuale, è stato quello di consentire ai giudici togati provenienti da altre magistrature e già in servizio presso le vecchie Commissioni tributarie di transitare, in via esclusiva, nelle Corti di giustizia. A tal fine un interpello, limitato a 100 unità, non ha sortito il risultato sperato, in quanto si sono riscontrate solo 27 adesioni, di cui peraltro non v'è certezza di una definitiva immissione in organico. Anche il primo concorso da bandire per circa 140 unità naviga ancora in acque mosse, posto che si attende da tempo la nomina del nuovo Consiglio di presidenza della giustizia tributaria che dovrà occuparsi della gestione di questa procedura.
In definitiva, su questo fronte è evidente che si è fatto solo qualche piccolo passo in avanti per l'attuazione di quanto disposto dalla L. 130/2022; ma, preso atto di ciò, si stanno cercando nuove soluzioni, più rapide, per far fronte al problema quali quella, altamente probabile, di concedere nuovi incentivi (ruoli dirigenziali) per il transito alla magistratura tributaria di togati provenienti da altre giurisdizioni, o quella, meno convincente, di ipotizzare un concorso, riservato e semplificato, ai componenti laici delle precedenti Commissioni che ad oggi fanno ancora parte dei collegi giudicanti.
La giustizia tributaria, infatti, continua ad essere esercitata dagli attuali giudici onorari part-time, che stanno garantendo il regolare svolgimento dei processi con metodi più efficienti in alcune sedi, ove è stata già avviata la procedura delle udienze a distanza e si applicano le nuove regole processuali relative alla fase cautelare, la cui udienza deve essere fissata entro trenta giorni, all'istruttoria tributaria, con riferimento alla possibilità di acquisire la testimonianza in forma scritta, nonché , da ultimo, all'onere della prova, esigendo che l'amministrazione provi in giudizio le violazioni contestate in modo puntuale e circostanziato, pena l'annullamento dell'atto per infondatezza.
Nei fatti, quindi, risultano solo piccole novità rispetto al passato, ma è pur vero che i soggetti preposti all'attuazione della legge (tra tutti MEF e Consiglio di Presidenza della giustizia Tributaria) si stanno prodigando per tentare di superare gli ostacoli che emergono nella delicata fase del passaggio ad una magistratura caratterizzata da esclusività e professionalizzazione dei giudici, profilo che, come evidenziato, rappresenta l'anima della riforma.
Nuove prospettive di riforma: da chi deve fare il giudice a cosa deve fare il giudice
Ed allora, attuare la riforma per la parte relativa alla selezione mediante concorso per esami dei magistrati tributari è solo questione di organizzazione e di tempi (che potrebbero stimarsi anche in un decennio); nelle more, peraltro, molti degli attuali giudici onorari (circa 2.300) andranno progressivamente a fuoriuscire dalle Corti di giustizia per raggiunti limiti di età pensionabile.
Una volta risolto il problema di chi deve fare il giudice tributario - giudice onorario vs giudice togato – occorre però chiarire un punto fondamentale che non è stato affrontato né dalla citata L. 130/2022, né dalla L. 111/2023, e cioè cosa deve fare il giudice.
Segnatamente, grazie all'affermarsi della tesi dell'impugnazione merito- secondo cui la Corte di giustizia, appurato il rispetto delle regole procedimentali, deve accertare la correttezza delle valutazioni del Fisco riguardo alla quantificazione del maggior tributo preteso e, in caso di errori, deve procedere a rideterminare l'ammontare dell'imponibile e dell'imposta dovuta (Cass. n. 19750/2014; n. 12561/2016) – si è assistito a discutibili pronunce di merito che hanno formulato una autonoma qualificazione giuridica dei fatti imponibili, ovvero hanno individuato criteri di valutazione dell'imponibile differenti da quelli prospettati nell'avviso di accertamento. Il giudice si è, quindi, pienamente sostituito al Fisco.
Il processo tributario dovrebbe, invero, essere strutturato come un giudizio di impugnazione-rinvio, consentendo al Collegio giudicante, in caso di errori nella determinazione delle imposte, di rinviare la questione all'Ufficio impositore, indicandogli precisi criteri direttivi sulla base dei quali correggere l'atto impositivo e quantificare puntualmente il quantum dovuto, senza che emergano problemi di decadenza dell'azione impositiva. Questa soluzione, oltre a scongiurare l'emersione nel processo di nuove qualificazioni giuridiche e nuovi criteri di rideterminazione dell'imponibile, evita, peraltro, che il giudice finisca per dare ragione integrale ad una parte o all'altra (e prevalentemente al Fisco) pur di non sobbarcarsi l'arduo compito di rideterminare le imposte e le sanzioni.