Nella pratica professionale può accadere che una società necessiti di una patrimonializzazione. Tale operazione, nelle PMI familiari del nostro tessuto imprenditoriale è sovente effettuata mediante rinuncia al finanziamento erogato dai soci, che risulta essere uno strumento molto diffuso per dotare la società dei mezzi finanziari necessari allo svolgimento dell'attività, in luogo del più oneroso accesso al credito bancario o a altri strumenti (e.g. minibond).
Detti finanziamenti soci sono tipicamente regolati mediante scambio per corrispondenza (se non lasciati ad intese verbali) ed in quanto tali sono soggetti a registrazione solo in caso d'uso ai sensi dell'art. 1, lett. a) della Tariffa Parte II allegata al DPR 131/86.
In tali circostanze poi, nell'atto di aumento del capitale sociale viene richiamato (rectius enunciato) detto finanziamento, al fine di rilevare la rinuncia da parte dei soci asservendolo all'esecuzione dell'aumento.
Tale passaggio, cioè l'enunciazione del finanziamento soci, è stato oggetto di un contrasto tra amministrazione finanziaria e contribuenti in merito all'imponibilità ai fini dell'imposta di registro degli atti enunciati, sfociato in procedimenti giudiziari che hanno tipicamente visto soccombente i secondi. Nel corso del 2023 sono stati però rilevati due (isolati) arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione a favore del contribuente (sent. nn. 3839/2023 e 3841/2023, successivamente contraddetti dalle Sezioni Unite (sent. n. 14432/2023).
Nel prosieguo si farà riferimento solo a quest'ultima anche perché in continuità con l'orientamento consolidato della Corte.
L'enunciazione (cenni)
Con il termine “enunciazione” ci si riferisce alla menzione in un atto (enunciante) di un altro atto (enunciato). Tale fattispecie è oggetto dell'art. 22 DPR 131/86, con chiara finalità antievasiva, ovvero con la finalità di evitare che le parti stipulino un atto soggetto a registrazione, senza registrarlo e successivamente lo richiamino in altro atto, senza assolvere l'imposta. Detto articolo, al comma 1, primo periodo, dispone che quando in un atto sono enunciate disposizioni contenute in altri atti (scritti o verbali) che non sono stati registrati, sussistendone l'obbligo e se le parti degli atti sono le medesime, l'imposta di registro si applica oltre che all'atto enunciante anche all'atto enunciato.
Il successivo periodo della norma menzionata sanziona la mancata registrazione in termine fisso dell'atto enunciato. Ciò, chiaramente, solo laddove non sia decorso il termine di decadenza quinquennale di cui all'art. 76 c. 1 DPR 131/86, del potere dell'Amministrazione finanziaria di registrare l'atto d'ufficio (sul punto specifico R.M. 260069/1992).
La questione dell'enunciazione è tematica complessa e dibattuta (per approfondire vedasi Studio del CNN n. 208-2010/T).
Affinché si applichi l'art 22 citato:
- l'atto enunciante deve essere soggetto a registrazione (autonomia giuridica oggettuale);
- vi deve essere identità delle parti nell'atto enunciante ed in quello enunciato (comma 1);
- gli effetti dell'atto enunciato, non soggetto a registrazione in termine fisso, devono permanere successivamente all'atto enunciante (comma 2).
Inoltre, secondo autorevole dottrina, nei casi di atti enunciati soggetti a registrazione solo in caso d'uso, l'imponibilità sarebbe ammissibile solo laddove il caso d'uso si sia già verificato, giacché l'enunciazione non rappresenta di per sé una fattispecie di verificazione del caso d'suo (Cass. 5946/2007).
Il caso specifico del finanziamento soci
La fattispecie descritta in premessa relativa alla rinuncia di un finanziamento erogato dai soci presenta delle peculiarità che rendono di ambigua interpretazione la norma sull'enunciazione.
Innanzi tutto, autorevole dottrina e lo stesso notariato hanno avuto modo di chiarire che il verbale assembleare (atto enunciante) è tecnicamente un atto senza parti, poiché si tratta in realtà di un resoconto di più fatti giuridici. Da ciò ne consegue che manca l'elemento essenziale dell'identità delle parti nei due atti, enunciante ed enunciato, richiesto dalla norma.
Sul punto, tuttavia, la Cassazione è costante nell'attribuire al termine “parte” un senso lato e sostanziale rilevando la necessaria identità tra i soci e la società, tanto nel verbale di assemblea, quanto nei finanziamenti soci essendo i medesimi soggetti rispetto ai quali si realizzano gli effetti degli atti. Secondo la Corte, una lettura “contrattualistica”, cioè meramente formale, snaturerebbe la ratio entievasiva della norma.
Altra contestazione mossa all'applicabilità dell'art. 22 deriva dall'osservazione che gli effetti del finanziamento cessino in ragione di quanto contenuto nel verbale, ovvero la loro rinuncia. Infatti, sul punto, si richiama il principio per il quale il finanziamento è estinto nel momento della compensazione con il debito del socio (da ultimo Cass. 6711/2009).
La Cassazione (trattando invero il caso di una rinuncia parziale) rileva però la permanenza del finanziamento per la parte residua successivamente all'espletamento degli effetti dell'atto enunciante, concludendo quindi per l'imponibilità anche dell'atto enunciato.
La rilevanza della sentenza a Sezioni Unite dovrà senz'altro essere tenuta in considerazioni dagli operatori, impregiudicato le proprie considerazioni in merito alla correttezza dei ragionamenti esposti. D'altro canto, un lieve spiraglio potrebbe essere rinvenuto nel solo caso di rinuncia totale del finanziamento soci il che farebbe cessare gli effetti dello stesso congiuntamente all'espletamento degli effetti del verbale assembleare, rientrando così nella causa di non imponibilità. Tale comportamento, però, dovrà essere anch'esso attentamente studiato ed esaminato, tenuto conto (non da ultimo) della responsabilità solidale del notaio per l'imposta di registro applicabile che la stessa Corte ha qualificato come principale.