venerdì 14/07/2023 • 10:04
L’Agenzia delle Entrate ha fornito un chiarimento in circa la tassazione, ai sensi della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Cina, del reddito da attività di consulenza prestata in Italia da un soggetto residente in Cina.
redazione Memento
Con un quesito rivolto all'Agenzia delle Entrate viene rivolta una domanda in merito alla possibilità di aprire partita IVA pur mantenendo la residenza fiscale in Cina. L'Istante intenderebbe operare tramite una stabile organizzazione che individuerebbe nel proprio immobile.
Ai sensi dell'articolo 35 del decreto IVA, i soggetti che istituiscono nel territorio dello Stato una stabile organizzazione devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell'Agenzia delle Entrate, che attribuisce al contribuente un numero di partita IVA.
L'attribuzione del numero di partita IVA a un soggetto non residente non incide sulla sua residenza ai fini fiscali, per il cui radicamento in Italia, infatti, è necessario che venga integrato, per la maggior parte del periodo d'imposta, almeno uno dei presupposti di cui all'articolo 2 del TUIR (i.e. iscrizione all'anagrafe della popolazione residente, residenza o domicilio nel nostro Paese).
Resta inteso che, nonostante quanto dichiarato in istanza in merito alla permanenza non superiore a 60 giorni nel nostro Paese, qualora si riscontrasse una delle condizioni previste dalla norma, l'Istante potrà essere considerato come fiscalmente residente nel territorio dello Stato, a prescindere dall'attribuzione di partita IVA.
Qualora il contribuente intendesse aprire una partita IVA in assenza di stabile organizzazione, questi sarebbe tenuto a identificarsi in Italia attraverso un rappresentante fiscale ai sensi dell'articolo 17 del decreto IVA. Anche in tal caso, l'apertura della partita IVA non inciderebbe sulla residenza ai fini fiscali dell'Istante.
In merito alla tassazione, secondo l'Agenzia delle Entrate l'attività di consulente del contribuente è assoggettabile a imposizione esclusiva in Cina, ai sensi dell'articolo 14 del Trattato, purché non sia configurabile una base fissa in Italia e purché l'Istante non soggiorni nel nostro Paese per oltre 183 giorni.
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