sabato 08/07/2023 • 06:05
Nella risposta al question time 5-01057, il MEF ha precisato che il ricorso al “valore normale” nelle assegnazioni rilevanti ai fini IVA rappresenta un criterio residuale da applicarsi solo in caso di impossibilità di individuare il prezzo di acquisto o di costo. Anche il Notariato ha fornito chiarimenti in merito all’ambito applicativo.
I chiarimenti del Ministero dell'Economia
Nella risposta al question time 5-01057 in commissione Finanze alla Camera, il Ministero dell'Economia ha fornito alcuni chiarimenti in relazione alle operazioni di assegnazione. In particolare, è stato precisato che:
Inoltre, è stato precisato che la base imponibile dell'assegnazione deve essere determinata assumendo il prezzo di acquisto del bene, attualizzato al momento dell'operazione, senza considerare il ricarico applicato sul mercato. In pratica, per prezzo d'acquisto deve intendersi il valore residuo alla data dell'assegnazione (tenendo conto delle spese incrementative e del deprezzamento). In caso di inesistenza di un prezzo d'acquisto (come nel caso dell'immobile costruito e non acquistato), è necessario assumere a riferimento il costo ovvero il prezzo di costo di beni simili. Solo in mancanza “assoluta” del prezzo di acquisto originario o del costo, si può determinare la base imponibile considerando il prezzo d'acquisto di beni simili (per condizioni, dimensioni, caratteristiche), sempre se esistenti sul mercato, nel momento in cui si effettua l'assegnazione. Viceversa, In ipotesi diverse, fare ricorso al valore di mercato implicherebbe una violazione dell'articolo 13, comma 2, lettera c) del DPR 633/72.
Lo Studio n. 46-2023/T del Consiglio nazionale del Notariato
Nello Studio n. 46-2023/T il Consiglio nazionale del Notariato ha analizzato diversi riflessi fiscali derivanti dalle operazioni di assegnazione dei beni ai soci (ex art. 1, commi 100-105, della Legge 197/2022). In particolare, in questa sede è stato ricordato che:
1) (in linea generale) l'operazione dovrebbe essere ammessa anche per le società semplici che provvedono a trasformarsi in società commerciali anteriormente al 30 settembre 2023 (tuttavia questa possibilità va monitorata in chiave elusiva);
2) possono formare oggetto dell'assegnazione agevolata:
3) il socio assegnatario deve essere titolare della proprietà della partecipazione o almeno il nudo proprietario (viceversa, l'usufruttuario della partecipazione, non essendo considerato socio dal Fisco, non può essere assegnatario dei beni). Il regime agevolato può essere utilizzato anche dagli eredi che siano succeduti al socio in data successiva al 30 settembre 2022 purché abbiano accettato l'eredità;
4) è possibile assegnare un bene nella sua interessa a più soci (es ¼ ciascuno a 4 soci) usufruendo dell'agevolazione ma non è agevolabile l'assegnazione ad un solo socio di una frazione di quota di un bene (es ¼ di un bene ad un solo socio);
5) in capo alla società (assegnante), il principale beneficio riguarda la plusvalenza realizzata da assoggettare a tassazione con imposta sostitutiva dell'8% (ovvero 10,5% per le società non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento dell'assegnazione);
6) la base imponibile dell'assegnazione è costituita dalla differenza tra il valore normale (o valore catastale) del bene assegnato ed il relativo costo fiscale. Per i beni immobili è possibile assumere il valore catastale in luogo del valore normale (con conseguente riduzione della base imponibile);
7) il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato:
8) nel caso in cui il bene sia stato rivalutato (ex art. 110 del DL 104/2020), l'assegnazione determina, di fatto, il realizzo del bene durante il periodo di “sospensione” con il conseguente venir meno dei vantaggi fiscali relativi alla rivalutazione. In questo caso, secondo il Notariato, dovrebbe essere riconosciuto un credito d'imposta in capo alla società assegnante in misura pari all'imposta sostitutiva versata in sede di rivalutazione (fatto che presupporrebbe il venir meno degli effetti della rivalutazione). Al riguardo, tuttavia, l'Agenzia delle Entrate ha in passato ammesso la possibilità di considerare la rivalutazione (per “finzione”) già efficace all'atto dell'assegnazione. Così ragionando, l'operazione agevolata non sarebbe tale da determinare il venir meno degli effetti fiscali della rivalutazione, tale per cui dovrebbe essere possibile versare l'imposta sostitutiva dell'8% (o 10,5%) sulla differenza tra il valore normale (o catastale) e il nuovo costo fiscalmente riconosciuto (rivalutato) e l'imposta sostitutiva (eventuale) del 13% nel caso in cui l'assegnazione dovesse determinare l'annullamento di riserve in sospensione (in tal senso: circ. Ag. Entrate 37/2016, par. 7 con riferimento ai previgenti regimi agevolati);
9) in caso di successiva cessione del bene immobile da parte del socio assegnatario (con possibile assenza di plusvalenza in capo allo stesso ovvero con realizzo solo parziale laddove la cessione dovesse essere effettuata nel quinquennio successivo all'operazione, decorrente dalla data dell'atto traslativo di assegnazione):
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