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mercoledì 21/06/2023 • 06:00

Fisco Beni perduti o distrutti

Detrazione IVA: in quali casi non è richiesta la rettifica

La presunzione di cessione può essere validamente superata dimostrando che i beni non rinvenuti nei luoghi di esercizio dell’attività sono stati perduti o distrutti, nel qual caso non soltanto non è dovuto l’assolvimento dell’IVA, ma anche la detrazione dell’imposta operata a monte non deve essere rettificata.

di Marco Peirolo - Dottore commercialista e componente della Commissione IVA e altre imposte indirette CNDCEC

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  • Tempo di lettura 5 min.
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La normativa nazionale

Secondo l'art. 1, comma 1, del D.P.R. n. 441/1997, si presumono ceduti – con il conseguente obbligo di versamento della relativa IVA – i beni che non si trovano (o, più precisamente, che non si rinvengono in caso di verifica) nei luoghi i cui il contribuente esercita la propria attività.

La presunzione non opera, tra le altre ipotesi, quando è dimostrato che i beni stessi sono stati perduti o distrutti.

In particolare, ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D.P.R. n. 441/1997, la perdita dei beni dovuta ad eventi fortuiti, accidentali o comunque indipendenti dalla volontà del soggetto è provata da idonea documentazione fornita da un organo della Pubblica amministrazione o, in mancanza, da dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, resa entro trenta giorni dal verificarsi dell'evento o dalla data in cui se ne ha conoscenza, dalle quali risulti il valore complessivo dei beni perduti, salvo l'obbligo di fornire, a richiesta dell'Amministrazione finanziaria, i criteri e gli elementi in base ai quali detto valore è stato determinato.

La prova della distruzione dei beni o della loro trasformazione in beni di altro tipo e di più modesto valore economico è, invece, prevista dall'art. 2, comma 4, del D.P.R. n. 441/1997 e deve risultare:

  • da comunicazione scritta da inviare agli Uffici dell'Amministrazione finanziaria e ai comandi della Guardia di finanza di competenza, indicando luogo, data e ora in cui verranno poste in essere le operazioni, le modalità di distruzione o di trasformazione, la natura, qualità e quantità, nonché l'ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni da distruggere o da trasformare e l'eventuale valore residuale che si otterrà a seguito della distruzione o trasformazione dei beni stessi;
  • dal verbale redatto da pubblici funzionari, da ufficiali della Guardia di finanza o da notai che hanno presenziato alla distruzione o alla trasformazione dei beni, ovvero, nel caso in cui l'ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati non sia superiore a euro 10.000, da dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Dal verbale e dalla dichiarazione devono risultare data, ora e luogo in cui avvengono le operazioni, nonché natura, qualità, quantità e ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati;
  • dal documento di trasporto, progressivamente numerato, relativo al trasporto dei beni eventualmente risultanti dalla distruzione o trasformazione.

Il superamento della presunzione di cessione nelle ipotesi di perdita dei beni dovuta ad eventi fortuiti, accidentali o comunque indipendenti dalla volontà del soggetto o di distruzione esclude l'obbligo di applicazione dell'IVA dovuta sui beni perduti o distrutti, con l'ulteriore effetto di cristallizzare in via definitiva la detrazione operata al momento dell'acquisto dei beni stessi.

La normativa comunitaria

A quest'ultimo riguardo è utile richiamare la normativa comunitaria e la sua interpretazione da parte della Corte di giustizia.

La distruzione di un bene comporta necessariamente il venir meno di ogni possibilità di utilizzarlo nell'ambito di operazioni soggette ad imposta. Tale circostanza comporta un'interruzione del rapporto “stretto e diretto” tra il diritto alla detrazione dell'IVA versata a monte e l'utilizzazione del bene nell'ambito di operazioni imponibili a valle, per cui devono intendersi mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l'importo della detrazione, ai sensi dell'art. 185, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE.

Tuttavia, l'art. 185, par. 2, della Direttiva n. 2006/112/CE prevede che la rettifica non è richiesta in caso, tra l'altro, di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati.

In caso di furto, però, il successivo par. 3 dell'art. 185 della Direttiva n. 2006/112/CE stabilisce che gli Stati membri possono esigere la rettifica, segnatamente in tutti i casi di furto di beni che consentano il diritto alla detrazione dell'imposta e ciò a prescindere dal fatto che le circostanze del furto siano state interamente acclarate o meno (Corte di giustizia, 4 ottobre 2012, causa C-550/11).

Il legislatore italiano non si è avvalso della facoltà in esame, per cui risulta confermata la detrazione dell'IVA relativa ai beni oggetto di furto, sempreché la perdita dei beni sia adeguatamente documentata, secondo quanto previsto dall'art. 2, comma 3, del D.P.R. n. 441/1997.

Riguardo, invece, all'ipotesi della distruzione, per escludere la rettifica della detrazione è indispensabile che la decisione sia stata assunta in ragione della perdita oggettiva di utilità del bene nell'ambito delle attività economiche abituali del soggetto passivo (Corte di giustizia, 4 maggio 2023, causa C-127/22).

Per i giudici comunitari, anche lo smaltimento di un bene che avvenga, per esempio, con la sua messa in discarica rientra nel concetto di “distruzione”, ai sensi dell'art. 185, par. 2, della Direttiva n. 2006/112/CE, dal momento che comporta, concretamente, la sparizione irreversibile del bene.

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