Arriva al traguardo l'equo compenso ai professionisti: si è oramai concluso l'iter di approvazione della legge che ne dispone l'obbligo, pena la nullità della clausola che stabilisce un importo inferiore a quello previsto dai parametri ministeriali.
Excursus
Dopo l'approvazione del Senato, la Camera, in terza lettura, ha dato infatti il via libera definitivo al disegno di legge C. 338-B recante Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali che a questo punto aspetta solo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Termina così l'articolato percorso di approvazione di un provvedimento molto atteso dal mondo professionale e che sembrava potersi chiudere già nella scorsa legislatura, stante l'accordo di tutte le forze politiche, ma che lo scioglimento anticipato delle Camere non ne aveva consentito la conclusione.
Tuttavia, il lavoro svolto non è andato perduto perché in avvio della XIX legislatura sono state presentate quattro identiche proposte di legge alla Camera (AC 73, AC 271, AC 338, AC 528) nelle quali è stato riproposto integralmente il testo della proposta di legge AC. 3179 e abb.-A della XVIII legislatura.
Invero, il disegno di legge C. 338-B approvato – che vede primo firmatario il presidente del Consiglio dei ministri on. Meloni - sembrava aver raggiunto il traguardo già a gennaio scorso, ma le modifiche apportate al codice di procedura civile dal D.Lgs. 149/2022 dalla cd. riforma Cartabia, con anticipazione dell'entrata in vigore dal 28 febbraio 2023, hanno reso necessaria la correzione del testo legislativo e quindi un nuovo passaggio parlamentare per le correzioni del testo.
Va peraltro evidenziato che l'auspicio è che si tratti di un primo passo in quanto l'obbligo dell'equo compenso ai professionisti non si applica universalmente poiché limitato alle prestazioni svolte nei confronti della pubblica amministrazione, delle società a partecipazione pubblica, delle imprese bancarie ed assicurative nonché delle imprese con un numero di dipendenti o fatturato fissati dalla legge.
Ambito di applicazione
L'equo compenso riguarda i rapporti che hanno per oggetto la prestazione d'opera professionale di cui all'art. 2230 c.c., cioè quella per il cui esercizio è necessaria l'iscrizione negli albi o elenchi previsti dalla legge, svolta sia in forma individuale che associata o societaria.
L'ambito di applicazione – come anticipato - non è tuttavia generalizzato ma limitato alle prestazioni rese per alcuni committenti nei confronti dei quali il potere contrattuale del prestatore d'opera è ritenuto evidentemente debole.
Più specificamente, le disposizioni sull'equo compenso si applicano alle prestazioni svolte in favore:
- di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate e delle loro mandatarie;
- delle imprese che, nell'anno precedente al conferimento dell'incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro;
- della pubblica amministrazione;
- delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al D.lgs. 175/2016.
Sono espressamente escluse dall'applicazione le prestazioni rese a favore delle società di cartolarizzazione e degli agenti della riscossione.
Per gli agenti della riscossione è tuttavia previsto un più generico obbligo di pattuire compensi adeguati all'importanza dell'opera, tenendo conto, in ogni caso, dell'eventuale ripetitività della prestazione richiesta.
Equo compenso
Il compenso da assicurare al professionista deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale nonché conforme ai parametri fissati dai decreti ministeriali.
Come si può notare, il legislatore fissa l'importante principio di proporzionalità del compenso che deve essere riconosciuto al professionista.
A ciò si aggiunge l'obbligo di non scendere al di sotto dei parametri ministeriali, come si desume dalla congiunzione nonché utilizzata dal legislatore.
In realtà, sono proprio i parametri a costituire il vero riferimento per la verifica della congruità, come si desume dalla causa di nullità della clausola difforme prevista dall'articolo 3.
I parametri di riferimento sono quelli già previsti per i professionisti iscritti agli ordini e collegi professionali, cioè quelli regolati dai seguenti provvedimenti:
- Decreto Min. Giustizia 13 agosto 2022, n. 147, modificativo del Decreto 10 marzo 2014, n. 55 per gli avvocati;
- dai decreti adottati ai sensi dell'art. 9 DL 1/2012 conv. in legge 27/2012 (per dottori commercialisti ed esperti contabili e notai è stato adottato il decreto del Ministro della giustizia n. 140 del 2012; per i consulenti del lavoro è stato adottato il decreto del Ministro del lavoro n. 46 del 2013).
Detti parametri sono aggiornati ogni due anni su proposta dei Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.
Per le professioni non organizzate in ordini o collegi di cui al comma 2 dell'art. 1 legge n. 4/2013, invece, è prevista l'adozione di un apposito decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della proposta di legge e successivamente con cadenza biennale.
Nullità delle clausole
La clausola che prevede un compenso non equo è nulla.
Viene considerata tale la pattuizione di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri ministeriali già ricordati.
Sono parimenti nulle le convenzioni che dispongano il divieto per il professionista di chiedere acconti o imporgli di farsi carico dell'anticipazione delle spese.
Si considerano nulle altresì le clausole che attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso, nonché ulteriori clausole e pattuizioni, tra le quali: previsione di attività aggiuntive che deve prestare gratuitamente il professionista; modifica unilaterale del contratto riservata al committente; rinuncia alle spese anticipate; l'obbligo di riconoscere al committente spese a favore di terzi (es. per l'utilizzo di software); l'applicazione retroattiva di nuovi accordi; termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla richiesta.
Per gli avvocati, è nulla la previsione che, in caso di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, gli venga riconosciuto solo il minore importo previsto tra le parti, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte, ovvero solo il minore importo liquidato, nel caso in cui l'importo previsto convenzionalmente sia maggiore.
La nullità delle singole clausole non comporta comunque la nullità del contratto che rimane valido ed efficace per il resto e comunque la nullità, che è rilevabile d'ufficio, opera solo a vantaggio del professionista.
Sotto il profilo processuale è previsto che il tribunale possa chiedere al professionista, se necessario, di acquisire dall'ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari.
Il Giudice può condannare il cliente ad indennizzare il professionista fino al doppio della differenza tra l'equo compenso ed il compenso pattuito, fatto salvo il risarcimento dell'eventuale maggiore danno.
La prescrizione del diritto al pagamento dell'onorario non decorre nel corso del rapporto ma solo dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessa il rapporto con l'impresa.
In presenza di una pluralità di prestazioni la prescrizione decorre dall'ultima prestazione nell'ipotesi di unico incarico, convenzione, contratto, esito di gara, predisposizione di un elenco di fiduciari o affidamento e non aventi carattere periodico.
Disciplina dell'equo compenso e ordini professionali
Gli ordini e i collegi professionali adottano disposizioni deontologiche per sanzionare il professionista che abbia operato in violazione all'obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione richiesta e determinato in applicazione dei parametri previsti dai decreti ministeriali.
Gli ordini professionali, inoltre, sono legittimati ad adire l'autorità giudiziaria qualora ravvisino violazioni dell'equo compenso; possono proporre azioni di classe; far parte di un apposito osservatorio da costituire presso il Ministero della Giustizia per vigilare sull'osservanza delle disposizioni previste dalla legge e rilasciare parere di congruità dei compensi e degli onorari che costituisce titolo esecutivo.
Le imprese che rientrano nell'ambito di applicazione possono adottare modelli standard di convenzione concordati con i Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali che si presumono equi fino a prova contraria.
Azione di responsabilità professionale
Il provvedimento sull'equo compenso introduce una novità importante in materia di prescrizione per l'esercizio dell'azione di responsabilità professionale: la decorrenza del termine di prescrizione decorre dal giorno del compimento della prestazione da parte del professionista.
Come è noto, finora la giurisprudenza ha stabilito che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui il professionista pone in essere la condotta potenzialmente causativa del danno, ma dal momento in cui si verifica effettivamente l'evento dannoso e tale evento si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e conoscibile da chi ha interesse a farlo valere (Cass. 3 maggio 2016 n. 8703).
Disposizioni transitorie e abrogazioni
Le nuove disposizioni non si applicano alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della data di entrata in vigore della legge.
Con l'entrata in vigore della legge sono abrogate le seguenti norme: