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mercoledì 29/03/2023 • 06:00

Lavoro Risparmio per il datore di lavoro

Fringe benefit: uno strumento per ottimizzare il costo del personale

I fringe benefit sono dei benefici aggiuntivi che il datore di lavoro può decidere volontariamente di erogare ai propri dipendenti per raggiungere vari scopi. Proprio lo scopo, insieme alla convenienza economica, rendono questi strumenti parte integrante dei piani aziendali e delle proposte individuali di assunzione.

di Massimiliano Matteucci - Consulente del lavoro - Nexumstp Spa

di Martina Marinelli - Dottoressa - Nexum stp

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  • Tempo di lettura 10 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Nel 2022 la soglia di esenzione dei fringe benefit ha subito diverse variazioni, generando numerose incertezze tra gli operatori del settore; ad oggi tale soglia è tornata alla sua misura originale, di cui all'articolo 51, c. 3, TUIR, ovvero i famosi € 258,23, ma realmente siamo a conoscenza di tutte le possibilità che questo strumento ci permette di realizzare?

Cosa sono i fringe benefit

Innanzitutto, non esiste a livello legislativo una definizione di fringe benefit: con questo termine intendiamo i compensi in natura, sotto forma di beni e servizi, che il datore di lavoro eroga ai propri dipendenti, in aggiunta alla retribuzione e per fini non direttamente collegati allo svolgimento della prestazione. Questi beni e servizi, infatti, dovrebbero incentivare i lavoratori ad una maggiore produttività, in quanto soddisfano esigenze legate alla loro sfera personale e familiare, generando una maggiore affiliazione all'impresa. Sono sempre di più le aziende disposte a fornire servizi come asili nido, buoni pasto, rimborsi per le utenze domestiche o per il carburante: in questo modo il lavoratore percepisce una maggiore sensibilità al suo benessere e svolge la sua attività in maniera più serena e appagata.

Il limite di esenzione

Il legislatore ha colto l'importanza di questo fenomeno ed è intervenuto sul piano fiscale per incentivarne ulteriormente la diffusione: l'art. 51 TUIR, dopo aver affermato al primo comma che tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, in relazione al rapporto di lavoro, concorrono a formare il reddito di lavoro, prosegue poi al terzo comma stabilendo che “non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a € 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito”.

Il limite annuo individuato dalla norma non costituisce una franchigia di esenzione ma una soglia massima di beni e servizi cedibili in esenzione di imposta, quindi se il valore annuo complessivo supera tale soglia, tutto l'importo deve essere assoggettato a tassazione. La Circolare n. 35/2022 dell'Agenzia delle Entrate ha specificato che i fringe benefit possono essere corrisposti dal datore di lavoro senza accordo sindacale, regolamenti e soprattutto senza necessità di prevedere una erogazione generalizzata o per categorie di dipendenti, ma anche per singoli dipendenti.

Ad oggi ricordiamo che il valore è rimasto fermo alla previsione normativa e, pertanto, le imprese hanno a disposizione € 258,23, ma risulta necessario chiarire come si determina il valore di tali beni; a tal fine il TUIR impone di considerare:

  • il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari rispetto a quello per il quale si deve determinare l'ammontare in denaro;
  • il prezzo in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione;
  • il prezzo nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile:

  • ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza;
  • alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso.

Il reddito da assoggettare a tassazione è pari al valore normale soltanto se il bene è ceduto o il servizio è prestato gratuitamente, anche nel caso dei beni prodotti dall'azienda e ceduti gratuitamente al dipendente, mentre se per la cessione del bene o la prestazione del servizio il dipendente corrisponde delle somme, è necessario determinare il valore da assoggettare a tassazione sottraendo tali somme dal valore normale del bene o del servizio.

Per comprendere quali possano essere le applicazioni concrete di questo strumenti, di seguito alcuni esempi.

Cessione bene prodotto dall'azienda

Si ipotizzi che un'azienda calzaturiera ceda nell'arco dell'intero periodo d'imposta, a titolo gratuito, un paio di scarpe ad un dipendente. Ai fini della determinazione del valore delle scarpe, occorre fare riferimento al prezzo praticato dalla medesima azienda nelle cessioni al grossista.

Sulla base dei listini applicati, si giunge a quantificare un valore pari a € 175,00.

Dal momento che il predetto importo non supera il limite di € 258,23, lo stesso non concorre alla formazione del reddito imponibile del dipendente.

Prestito al lavoratore

Concorre alla formazione del reddito imponibile il 50% della differenza tra l'importo degli interessi calcolato in base al Tasso Ufficiale di Riferimento (TUR) vigente al termine di ciascun anno e l'importo degli interessi calcolato al tasso effettivamente applicato al prestito. Se il prestito è erogato senza interessi il tasso per calcolare il fringe benefit è il 50% del TUR. Non è rilevante la finalità del prestito personale né la durata, ma bisogna sempre tenere conto della soglia di € 258,23 annui. Al momento della concessione del prestito non è necessario fare riferimento al TUR, mentre alla fine

del periodo di imposta (31/12) esso si utilizza ai fini dell'effettuazione delle ritenute (art 23 DPR 600/73); in particolare, si fa riferimento al tasso dell'anno precedente salvo conguaglio a fine anno.

Fabbricato concesso al lavoratore

Questo tipo di fringe benefit concorre alla formazione del reddito imponibile la differenza tra la rendita catastale del fabbricato e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso.

Qualora sia previsto l'obbligo di dimora, (es. custode), l'imponibile si assume al 30%.

Cellulare aziendale

È considerato fringe benefit quando l'uso è personale e l'importo desunto dalle tariffe del gestore, ai sensi dell'art. 51, c. 3, e 9, c. 3, TUIR, sempre nei limiti di € 258,23 annui.

Autovettura in uso al lavoratore

Più complesse sono le regole da seguire per la concessione dell'autovettura aziendale al dipendente; in particolare, essa può essere effettuata per:

a) ragioni esclusivamente aziendali: il dipendente può usufruire della vettura solo nell'ambito della sua attività lavorativa;

b) ragioni esclusivamente personali del dipendente: la vettura è concessa al dipendente affinché questo la utilizzi per le proprie necessità e per quelle della propria famiglia;

c) ragioni promiscue, aziendali e non: la vettura è consegnata al dipendente (per la maggior parte del periodo d'imposta, anche non consecutivo e anche a dipendenti diversi) affinché questo la utilizzi sia per le esigenze aziendali che per le esigenze private e della propria famiglia.

I diversi tipi di godimento del bene comportano aspetti di natura contrattuale, legale, fiscale e di costo differenti.

Nell'ipotesi di auto per ragioni esclusivamente aziendali si tratta sostanzialmente di uno strumento di lavoro; nelle ipotesi di ragioni esclusivamente personali e per ragioni promiscue si tratta di un'erogazione retributiva in natura che si aggiunge, per l'intero suo valore (o se si tratta di concessione per ragioni promiscue solo in parte), alla retribuzione in denaro.

Il valore della concessione di un automezzo aziendale, per la parte che è destinata ad uso personale:

  • è assoggettabile a contribuzione sulla base di valori che, in via interpretativa, fanno riferimento alle tariffe elaborate dall'ACI;
  • entra a far parte, se non è diversamente previsto, della base di computo delle voci retributive indirette se e in quanto le norme contrattuali prevedono che tali voci debbano essere calcolate su una nozione "omnicomprensiva" di retribuzione;
  • salvo diversa previsione del CCNL, il valore dell'auto entra a far parte della retribuzione utile al calcolo del TFR.

Gli autoveicoli assegnati in uso promiscuo ai dipendenti beneficiano di un regime più favorevole di quello ordinario, in quanto la percentuale di deducibilità delle spese è pari al 70%.

Tale limite si applica:

  • sia al costo di acquisizione del veicolo, qualunque sia il titolo di detenzione;
  • sia alle spese di impiego (carburante, pedaggio, assicurazione ecc.).

Per poter beneficiare di tale regime di deducibilità è necessario, però, che siano soddisfatte le seguenti condizioni (Circ. n. 48/98 MEF):

  1. l'uso dell'auto deve rientrare tra le mansioni del dipendente e non deve essere occasionale;
  2. l'auto deve essere assegnata per la maggior parte del periodo d'imposta del datore di lavoro; l'assegnazione può essere anche discontinua ed è possibile cumulare i giorni di utilizzo da parte di più dipendenti;
  3. l'assegnazione deve risultare da idonea documentazione (per esempio da una clausola del contratto di assunzione, da un contratto di comodato, o da un accordo tra le parti).

Per quanto riguarda la detraibilità IVA, la disciplina generale prevede che questa varia a seconda che le autovetture assegnate in uso promiscuo ai dipendenti siano concesse a titolo gratuito o con addebito di un corrispettivo.

Qualora il veicolo sia concesso in uso promiscuo senza l'addebito di un corrispettivo specifico, configurandosi una messa a disposizione dello stesso a titolo gratuito, l'IVA potrà essere portata in detrazione al 40%; la messa a disposizione di veicoli, a titolo gratuito, nei confronti dei dipendenti, non costituisce prestazione di servizio soggetta ad Iva (art. 3, co. 6, D.P.R. 633/72).

Qualora invece il veicolo sia concesso in uso promiscuo e il datore di lavoro fatturi al dipendente un corrispettivo per l'utilizzo privato, le auto si considerano utilizzate esclusivamente nell'ambito dell'attività d'impresa e pertanto sono soggette alla regola della detraibilità integrale dell'IVA.

In tale circostanza la base imponibile della fattura deve essere almeno pari al “valore normale” del servizio (D.P.R. n. 633/72, art. 13, c. 3, lett. d).

Il “valore normale” deve essere quantificato utilizzando il criterio previsto dall'art. 51, c. 4, del TUIR, ossia considerando le diverse percentuali previste a seconda della classe di emissione Co2 per la percorrenza convenzionale di 15.000 km annui (al netto dell'IVA).

La risoluzione del Ministero dell'Economia e delle Finanze, n. 6/DPF del 20 febbraio 2008, ha precisato che tale operazione, trattandosi di operazione con corrispettivo, obbliga il datore di lavoro a esercitare la rivalsa ex art. 18, D.P.R. n. 633/72, ossia ad addebitare l'IVA al dipendente.

Dal punto di vista del dipendente, invece, l'assegnazione dell'auto al dipendente in uso promiscuo (ossia per motivi sia lavorativi che personali) determina in capo allo stesso un compenso in natura da esporre in cedolino e assoggettare a contribuzione e tassazione.

Tale benefit viene calcolato in misura percentuale diversa dell'importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 km calcolato sulla base dei costi chilometrici desumibili dalle tabelle ACI, al netto dell'eventuale corrispettivo posto a carico del dipendente (art. 51, c. 4, lett. a, del TUIR).

Per quanto riguarda le percentuali, il TUIR prevede quanto segue:

  • 25% per i veicoli con valori di emissione di CO2 fino a 60g/km;
  • 30% per i veicoli con valori di emissione di CO2 superiori a 60g/km ma non a 160g/km;
  • 50% per i veicoli con valori di emissione di CO2 superiori a 160g/km ma non a 190g/km;
  • 60% per i veicoli con valori di emissione di CO2 superiore a 190g/km.

Il benefit è calcolato (circ. n. 326/97 e n. 1/2007):

  • in modo forfettario: si prescinde quindi dalla reale percorrenza chilometrica;
  • sulla base delle spese non effettivamente sostenute dall'impresa e dalle spese incluse nei costi ACI eventualmente riaddebitate al dipendente (per es. le spese per il carburante);
  • su base annua: in caso di assegnazione per un periodo inferiore all'anno, è necessario pertanto effettuare il ragguaglio.

Conclusioni

Come abbiamo potuto approfondire i fringe benefit possono essere “realmente” uno strumento di ottimizzazione del costo del personale, riducendo notevolmente il cuneo fiscale e l'aggravio contributivo in capo al datore di lavoro e “premiando” i lavoratori senza la necessità di gestire un piano che abbia l'obbligo di essere rivolto alla generalità di lavoratori oppure a categorie omogenee di lavoratori.

Come non citare in conclusione anche i buoni pasto, esenti se cartacei fino ad euro 4 oppure euro 8 se digitali, uno strumento ormai utilizzato da tantissime aziende con risultati soddisfacenti sia in termine di risparmio che di apprezzamento dei lavoratori.

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Maria Rosa Gheido

- Consulente del lavoro e dottore commercialista

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