lunedì 13/03/2023 • 06:00
Una volta terminato il periodo di comporto di malattia del dipendente affetto da patologie oncologiche, il datore di lavoro che applica il CCNL Terziario è tenuto a comunicare la scadenza del comporto solo di fronte alla richiesta di prolungamento dell'aspettativa.
La legge prevede che in caso di malattia del lavoratore egli abbia diritto alla conservazione del posto di lavoro per un certo periodo di tempo. Stiamo parlando del periodo di comporto, disciplinato dalla legge (art. 2110 c.c.) e dalla contrattazione collettiva, la quale lo regola in modo differenziato in ragione delle esigenze specifiche del settore di riferimento, identificate dalla negoziazione delle parti.
Terminato il periodo di comporto, il datore di lavoro ha il diritto di risolvere il rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 2118 c.c., nel rispetto delle indicazioni fornite dalla contrattazione collettiva che può prevedere la conservazione del posto con comporto secco (ossia legato ad un unico evento morboso – previsione ormai piuttosto rara) oppure per sommatoria (ossia dovuto a distinti episodi morbosi conteggiati per anno solare, dall'ultimo episodio a ritroso di 365 giorni, oppure per anno di calendario: 1° gennaio-31dicembre).
Le problematiche nella gestione degli eventi di malattia che si sono manifestate durante l'emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 hanno indotto il legislatore ad adottare una serie di meccanismi di protezione per le assenze dal lavoro dovute all'infezione dal virus che hanno inciso anche sul computo del periodo di comporto, rimasto sospeso durante la gestione dell'emergenza sanitaria.
Gli ultimi orientamenti espressi dalla giurisprudenza di merito in questo ambito possono essere inquadrati nell'ambito di questa generale maggiore attenzione da parte del legislatore alla particolare situazione in cui si trovano i lavoratori affetti da specifiche patologie, quali le patologie oncologiche o altre patologie croniche degenerative (cfr. Tribunale di Roma 2 gennaio 2023, n. 9384; Corte d'Appello di Napoli n. 168/2023).
Proprio sul fronte delle patologie oncologiche va detto che, in via generale, la scelta di includerle nel comporto è rimessa alla contrattazione collettiva la quale, in vario modo, stabilisce se una determinata patologia possa o non possa essere computata nel periodo di comporto.
La sentenza del Tribunale di Roma del 2 gennaio 2023 ha, da questo punto di vista, carattere innovativo perché stabilisce che le patologie oncologiche non debbano essere computate nel periodo di comporto indipendentemente dalla indicazione espressa da parte del contratto collettivo di riferimento. Possiamo ipotizzare, come già detto, che sia anche il risultato della maggior sensibilizzazione del legislatore sul tema dei “lavoratori fragili” che è derivata dall'emergenza sanitaria (si veda l'art. 26 DL 18/2020 conv. in Legge 27/2020, l'art. 17, c. 2, DL 221/2021 e il DI 4 febbraio 2022 con il quale si è provveduto alla individuazione delle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, in presenza delle quali ricorre la condizione di fragilità).
Nel CCL Terziario
Mettiamo il caso di un lavoratore del settore Terziario affetto da patologie oncologiche che abbia già usufruito della sospensione prevista durante l'emergenza sanitaria e che sia prossimo alla scadenza del periodo di comporto in quanto, dopo l'ultimo evento morboso, non sia rientrato al lavoro per aggravamento dello stesso.
LA SOLUZIONE
Il CCNL del settore Terziario non fornisce indicazioni specifiche sulla computabilità o meno di alcune patologie nel periodo di comporto ma ha delle norme specifiche che assicurano il prolungamento in aspettativa del periodo di conservazione del posto previsto per i casi di malattia - anche grave - e un trattamento economico collegato (artt. 192 e 193 CCNL Terziario).
Il CCNL stabilisce che in presenza di malattia supportata da certificati medici sussiste il diritto a una aspettativa non retribuita di 120 giorni, ulteriori rispetto ai 180 per anno solare previsti dal CCNL per la conservazione del posto. In caso di terapie salvavita (tra cui si può ritenere rientrare la terapia conseguente a patologie oncologiche) è possibile anche il prolungamento dell'aspettativa (per un massimo di 12 mesi).
Cosa deve fare il lavoratore?
Il lavoratore che si trovi nelle condizioni previste dal CCNL, prima della scadenza dei 180 giorni ordinari di tutela è tenuto a fare domanda formale al datore di lavoro con raccomanda (o con PEC), esibendo la documentazione medica a supporto della propria richiesta.
Il datore di lavoro è tenuto all'accettazione espressa della richiesta concedendo l'aspettativa generalmente non retribuita, invece indennizzata per i primi 60 giorni se collegata a patologie gravi.
Cosa deve fare il datore di lavoro?
Il datore di lavoro secondo la giurisprudenza, se non previsto espressamente dal CCNL, non è tenuto a comunicare l'approssimarsi della scadenza dei 180 giorni di periodo base di conservazione del posto.
In base al CCNL Terziario il datore di lavoro è tuttavia tenuto a dare riscontro scritto alla sola richiesta di prolungamento dell'aspettativa previsto per le patologie gravi.
Nel caso specifico l'azienda, con il supporto del medico competente cui la legge riconnette oggi anche la vigilanza sulla posizione dei lavoratori fragili (art. 41 D.Lgs. 81/2008), proprio in ragione della sospensione che si è verificata durante l'emergenza sanitaria, prima della scadenza del periodo di comporto, ha ritenuto opportuno comunicare al lavoratore il totale delle assenze effettuate per malattia ricordando l'approssimarsi della scadenza e riepilogando con chiarezza il periodo complessivo di conservazione del posto previsto dal CCNL anche in aspettativa per le patologie gravi anche conseguenti a terapie salvavita (contestualmente consegnando la possibilità al dipendente di riferire quali malattie possano essere riferibili a situazione di esimente giuridico – ad esempio per contrazione del virus Covid-19).
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Francesca Zucconi
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