giovedì 24/11/2022 • 14:09
L’inerenza dei costi deducibili si traduce in un giudizio qualitativo che prescinde da valutazioni quantitative. Tuttavia, l'antieconomicità di un costo può fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza. In questo caso, l'AF deve dimostrare gli elementi addotti in senso contrario, evidenziando la condotta inattendibile del contribuente.
redazione Memento
Con l'ordinanza del 15 novembre 2022 n. 33568, la Corte di Cassazione ha ricordato che la costante giurisprudenza della medesima Corte, pur affermando che la nozione di inerenza esprime la concreta riferibilità dei costi sostenuti all'attività d'impresa quale esito di una valutazione qualitativa, e non quantitativa, degli stessi (Cass. 21 novembre 2019 n. 30366; Cass. 11 gennaio 2018 n. 450), ha tuttavia costantemente affermato che l'antieconomicità e l'incongruità della spesa possono essere indici rivelatori del difetto di inerenza (Cass. 7 aprile 2022 n. 11324; Cass. 31 ottobre 2018 n. 27786).
La possibile rilevanza del dato quantitativo nella valutazione di inerenza di un costo si intreccia con il profilo dell'onere della prova dell'inerenza, che incombe sul contribuente.
In particolare, l'onere probatorio che grava sul contribuente attiene all'esistenza di circostanze fattuali che consentano di ricondurre il costo all'attività d'impresa; ma laddove l'Amministrazione adduca ulteriori elementi tali da far ritenere che il costo non sia, in realtà, correlato all'attività d'impresa, essa ultima è tenuta a fornire la prova della propria contestazione. È in tale prospettiva che assume rilievo la possibile valutazione circa la congruità o antieconomicità della spesa, intesa come proporzionalità fra importi corrisposti ed utilità conseguite.
In tale ultimo caso, l'Amministrazione non può spingersi a sindacare le scelte imprenditoriali; l'antieconomicità della spesa richiede, invece, la dimostrazione dell'inattendibilità della condotta, che va considerata in chiave diacronica, tenuto conto dei diversi indici che presiedono la stima della redditività dell'impresa, a fronte della quale spetta poi al contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate.
Una tale dimostrazione, peraltro, ben può essere fornita anche con ricorso ad elementi indiziari, purché provvisti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Pertanto, secondo la Cassazione il principio di inerenza dei costi deducibili si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da valutazioni di natura quantitativa. Tuttavia, l'antieconomicità di un costo può fungere da elemento sintomatico del difetto di inerenza. In tale ultimo caso, ove il contribuente indichi i fatti che consentano di ricondurre il costo all'attività d'impresa, l'Amministrazione è tenuta a dimostrare, se del caso anche con ricorso ad indizi, gli ulteriori elementi addotti in senso contrario, in particolare evidenziando l'inattendibilità della condotta del contribuente.
Nel caso di specie, le deduzioni svolte dall'Amministrazione in sede di appello, riportate nel ricorso per ampi stralci, contenevano la contestazione rivolta alla società contribuente, ove si evidenziava che i costi per provvigioni, quantunque intrinsecamente riferibili all'attività d'impresa, non trovavano giustificazione, quanto alla percentuale riconosciuta ai rappresentanti che ne determinava l'ammontare, in base ai documenti contrattuali, e apparivano notevolmente superiori a quelli riconosciuti in forza degli usi.
Secondo la Corte di Cassazione, la CTR ha omesso di verificare se tali allegazioni ed indicazioni consentissero di ritenere assolto l'onere probatorio nei termini prescritti per la fattispecie in oggetto, come riassunti nel richiamato principio, del quale, pertanto, non ha fatto buon governo.
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