lunedì 14/11/2022 • 13:38
La clausola che ha dato origine a contestazione e applicazione di maggior imposta di registro è quella con la quale le parti del contratto di locazione hanno previsto, in caso di tardivo pagamento dei canoni, l’applicazione di interessi moratori. Secondo la CGT di 2° registro e bollo non si applicano.
redazione Memento
Secondo l'Agenzia delle Entrate la clausola che impone l'applicazione di interessi moratori per il ritardato pagamento dei canoni di locazione è autonomamente tassabile in quanto è espressione di un autonomo negozio. A tal proposito, l'Agenzia ha inviato al locatore un avviso di liquidazione per il registro e un altro per il bollo.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, con la sentenza del 25 ottobre 2022 n. 4087, ricorda che l'oggetto proprio del contratto di locazione implica, secondo il tipo legale che lo disciplina, una contestuale ma necessariamente economicamente vincolata pluralità di obbligazioni a carico delle parti.
Ad esempio, il locatore sarà obbligato a consegnare l'immobile nei tempi pattuiti, a garantirne il godimento, ad effettuare la manutenzione straordinaria, a rispettare i tempi legali/contrattuali di durata del rapporto, mentre il conduttore sarà tenuto al puntuale pagamento del canone, alla conservazione diligente dell'immobile, alla restituzione dello stesso nei tempi e modi previsti dalla legge o da specifiche pattuizioni individuali.
Secondo la Corte è evidente che la pluralità di obbligazioni sopra menzionate inerisce ai limiti fisiologici dell'unica causa tipica del contratto di locazione. La regolamentazione dei diversi aspetti può essere cristallizzata in molteplici clausole del contratto ma non rappresenta una pluralità di negozi scindibili o autonomi. Difatti, non ha senso disquisire di:
L'Ufficio ha inquadrato la presunta autonoma pattuizione come negozio soggetto a condizione sospensiva. Posto che la condizione, per definizione, non è un negozio ma una sua clausola accessoria, incidente sull'efficacia del negozio cui accede, non è chiarissimo, nell'impostazione dell'Ufficio, come la singola clausola possa essere allo stesso tempo autonomo negozio (come tale tassabile) e condizione, come tale per definizione accessoria e non autonoma. Sempre seguendo l'impostazione dell'Ufficio l'evento dedotto in condizione sarebbe l'inadempimento di una parte. Anche questa soluzione appare incoerente con gli istituti giuridici invocati perché riconduce a quella che per definizione è sempre un aspetto eventuale ed accessorio del contratto (la condizione) addirittura l'adempimento, cioè la necessaria attuazione dell'accordo contrattuale.
In definitiva l'appello dell'Ufficio appare infondato nel merito, avendo il primo giudice correttamente annullato l'avviso di liquidazione in quanto non sussistono i presupposti per la reclamata tassazione.
Inoltre, la posizione del contribuente appare ulteriormente immeritevole dell'applicata tassazione in quanto lo stesso aveva chiesto l'applicazione della cedolare secca (circostanza non contestata dall'Ufficio), ossia di un regime facoltativo ex lege sostitutivo di IRPEF, addizionali e che esclude anche l'applicazione delle imposte di registro e bollo ordinariamente dovute per le registrazioni. Ne consegue che, a maggior ragione, non si comprende l'impostazione dell'Ufficio che oltre a moltiplicare in modo improprio la tassazione ne ha altresì preteso all'applicazione in un contesto che la avrebbe esclusa.
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