venerdì 11/11/2022 • 06:00
Il decreto di omologa/esecutività di concordato fallimentare non rientra tra le cause di sospensione della riscossione: in caso di ripresa delle attività, i contribuenti potranno agire in autotutela per l'annullamento o la revoca degli atti contrari al dettato dell'art. 135 L.F..
redazione Memento
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Il decreto di omologa/esecutività di concordato fallimentare non annulla, né sospende, il titolo che fonda il credito erariale (o la relativa cartella), ma eventualmente ne riduce solo l'esigibilità, restando escluso che lo stesso possa rientrare tra le cause di sospensione della riscossione (art. 1, cc. 537 e ss. L. 228/2012) e sia quindi idoneo ad attivare la relativa procedura.
Il principio è stato espresso dall'Agenzai delle Entrate nella Risposta n. 6 dello scorso 10 novembre.
Nella pratica accade frequentemente che, dopo la chiusura del fallimento per l'omologazione di una proposta di concordato fallimentare (tipicamente presentata da un terzo assuntore), la società tornata in bonis si avveda della presenza di somme iscritte a ruolo a proprio carico per cause di natura erariale anteriori all'apertura della procedura fallimentare, anche non ricomprese nella massa passiva. Il permanere di tali iscrizioni a ruolo, con il ritorno in continuità del soggetto precedentemente fallito, implica sovente anche la ripresa delle attività di riscossione da parte dell'Agenzia delle entrate – Riscossione. Il medesimo effetto di ripresa delle attività di riscossione (o, quanto meno, di permanenza fra le iscrizioni a ruolo) si registra anche in riferimento a carichi per i quali l'Agente della riscossione non ha mai provveduto all'insinuazione al passivo, neppure tardiva.
In relazione a tale situazione è stato chiesto al Fisco di esprimere il proprio parere, indicando i corretti strumenti amministrativi a disposizione del contribuente tornato in bonis a seguito dell'omologazione e dell'esecuzione di una procedura di concordato fallimentare, al fine di stimolare l'Agenzia delle entrate, quale ente creditore, e l'Agenzia delle entrate - Riscossione, quale Agente della riscossione, ad adeguarsi alle pronunce giudiziali emesse in sede fallimentare, con specifico riferimento agli effetti di cui all'art. 135 L.F. (RD 267/4) secondo cui «Il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi. I creditori conservano la loro azione per l'intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso.»
L'Agenzia delle Entrate, escluso che il decreto di omologa/esecutività di concordato fallimentare possa rientrare tra le cause di sospensione della riscossione (art. 1, cc. 537 e ss. L. 228/2012) – ritenute tipiche e non suscettibili di assimilazioni – ha, tuttavia, affermato che “ciò non significa, che tale decreto sia ininfluente per gli Uffici dell'Agenzia delle entrate o per l'ente della riscossione, i quali sono ovviamente tenuti al rispetto delle norme e dei provvedimenti dell'Autorità giudiziaria”. In particolare, gli Uffici sono tenuti ad agire in conformità al citato art. 135 L.F e, ove ciò non avvenga per un qualsiasi motivo, i contribuenti, ferma la tutela giurisdizionale dei propri diritti, potranno, tramite l'autotutela, rivolgersi all'Amministrazione finanziaria ex art. 2-quater DL 564/94 conv L. 656/94. per l'annullamento o la revoca degli atti posti in essere in contrasto con la richiamata disposizione della legge fallimentare.
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