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sabato 05/11/2022 • 06:00

Lavoro Gestione aziendale

Sicurezza sul lavoro: non solo un costo ma un’opportunità

Il recente report dell'Ispettorato del Lavoro sui controlli nelle aziende in materia di salute e sicurezza permette un'analisi sulla situazione della sicurezza nei luoghi di lavoro. L'emergenza morti sul lavoro in Italia sembra non avere freni e solo la conoscenza dei rischi e delle misure di prevenzione e protezione permetterà un'inversione di tendenza.

di Cipriano Ficedolo - Avvocato penalista d’impresa

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Il 26 ottobre l'INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) ha reso noti i risultati dell'attività di vigilanza messa in campo dal 1° gennaio al 30 settembre 2022 su input della Direzione Centrale per la tutela, la vigilanza e la sicurezza del lavoro.

Le ispezioni effettuate in materia di salute e sicurezza nei primi nove mesi del 2022 sono state 12.522 (a fronte delle 13.924 compiute nell'intero anno 2021) ed hanno riguardato tutti i settori produttivi, con un focus particolare su quelli a maggiore rischio infortunistico, tra i quali l'edilizia.

Il primo dato che balza agli occhi è la percentuale di irregolarità riscontrata, pari ad oltre l'83% dei controlli eseguiti, a cui sono seguiti 6.196 provvedimenti di sospensione dell'attività di impresa complessivamente adottati: 4.085 per impiego di personale in nero e 2.111 per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza.

A seguito dell'adozione delle sospensioni, l'83% delle imprese ha provveduto alla immediata regolarizzazione e, conseguentemente, i provvedimenti adottati dagli ispettori sono stati revocati a riprova del fatto che, i controlli e le relative sanzioni hanno avuto l'effetto sperato, ovvero, un forte impatto in materia di recupero della legalità come lavoro regolare e sicuro.

I risultati innanzi elencati sono la diretta conseguenza del DL 146/2021, convertito nella Legge 215/2021.

Difatti, nello stesso periodo preso in considerazione dall'ultimo report (1° gennaio - 30 settembre dell'anno precedente) erano solo 9 le sospensioni determinate da motivi di sicurezza, a fronte delle 2111 registrate nel 2022, un incremento senza precedenti, a riprova del fatto che l'assenza dei controlli aveva generato un lassismo diffuso nel campo della sicurezza.

Ciò dimostra, se ancora ve ne fosse bisogno, che l'incremento dell'attività dell'Ispettorato del Lavoro porta a risultati immediati e positivi per i lavoratori e per le stesse imprese che hanno la possibilità di mettersi a norma senza interruzione dell'attività.

La situazione attuale della sicurezza sui luoghi di lavoro in Italia

L'emergenza morti sul lavoro nel nostro Paese sembra non avere freni, in Italia ogni giorno muoiono in media 3,5 persone.

I dati degli ultimi quattro anni raccontano molto bene l'emergenza morti sul lavoro nel nostro Paese.

Una scansione tragica della nostra Penisola che evidenzia come - nonostante gli appelli a una maggiore diffusione della sicurezza sul lavoro da parte di illustri cariche istituzionali, politica e sindacati - nulla sia cambiato e nulla stia cambiando.

Nel 2021 le denunce di infortunio mortale sul lavoro sono state 1.361, con un calo del 19,2% sul 2020, le ragioni del calo però sono da addebitare alla pandemia ed alle relative restrizioni, difatti le denunce di infortunio sul lavoro presentate all'INAIL tra gennaio e luglio sono state 441.451 (+41,1% rispetto allo stesso periodo del 2021), 569 delle quali con esito mortale a riprova del trend in continua crescita.

La mappa degli infortuni non è uniforme, la maglia nera in Italia negli ultimi quattro anni spetta al Molise che è sempre rimasto in zona rossa dal 2019 al 2022, seguito dal Trentino Alto Adige - in zona rossa negli ultimi due anni - e dall'Abruzzo in zona rossa dal 2019 al 2021, in giallo nel 2022.

Mentre la regione che non ha mai abbandonato la zona bianca nei primi semestri degli ultimi quattro anni è la Sardegna; seguita dal Friuli Venezia Giulia che solo nel 2021 era in zona arancione, dalla Liguria che dal 2021 al 2022 è rimasta in zona bianca lasciando la zona gialla dei due anni precedenti e dal Veneto in zona bianca per due anni dal 2019 al 2020 per poi passare però, in un progressivo peggioramento, alla gialla e all'arancione.

L'incidenza degli incidenti mortali si differenzia anche per fasce di età, il rischio più elevato di morte viene rilevato tra gli over 65, con un'incidenza di mortalità sempre sopra la media nazionale.

Si va da un'incidenza di 42 morti ogni milione di lavoratori del 2019 ai 61 decessi del 2021 e ai 47 del 2022. Significativa l'incidenza di mortalità tra i giovanissimi (15-24 anni) più che tra i trentenni.

I giovanissimi (15 - 24 anni) sono anche quelli che fanno rilevare l'incidenza maggiore nel totale di denunce di infortunio (mortali e non mortali) numeri che confermano i recenti drammi che hanno coinvolto ragazzi giovanissimi in incidenti mortali durante lo svolgimento di stage e alternanza scuola lavoro.

Discorso a parte meritano i lavoratori stranieri, soprattutto quelli irregolari.

Il rischio per loro è molto più elevato, in considerazione del fatto che molto spesso lavorano in nero, senza aver ricevuto alcun tipo di formazione.

Nel 2019, infatti, l'indice di incidenza di mortalità in occasione di lavoro per gli stranieri era pari a 25; vale a dire quasi il doppio di quella rilevato tra i colleghi italiani. Lo stesso avveniva per i decessi avvenuti in itinere. L'incidenza di mortalità per gli stranieri era pari a 12. Quella degli italiani era pari a 6.

Gli ultimi dati disponibili, poi (gennaio - giugno 2022), confermano il rischio di morte ancora quasi doppio per gli stranieri, senza contare i casi di morti ed infortuni non denunciati che non concorrono ad incrementare le statistiche.

Cos'è un infortunio sul lavoro?

La prima distinzione da fare è quella fra infortunio ed incidente sul lavoro.

Molti pensano siano la stessa cosa mentre in realtà non è così:

  • L'infortunio sul lavoro è qualsiasi evento improvviso ed imprevisto, ma evitabile, che altera il normale andamento dell'attività lavorativa e determina delle lesioni ad un lavoratore;
  • L'incidente, invece, è qualsiasi evento improvviso ed imprevisto che altera il normale andamento dell'attività lavorativa e determina danni materiali ad impianti ed attrezzature, e che potenzialmente potrebbe causare lesioni al lavoratore;

Secondo l'INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), nel 2018 si sono verificate più frequentemente le seguenti lesioni:

  • 53,3%: fratture;
  • 15,8%: lussazioni e distorsioni;
  • 13%: contusioni.

Altre cause di infortuni sul lavoro includono:

  • Malfunzionamento di strumenti, macchinari, oggetti e procedure;
  • Non corrette operazioni di sollevamento, trasporto e immagazzinaggio;
  • Mancato rispetto delle norme di sicurezza;
  • Scarsa esperienza;
  • Assenza di consapevolezza della sicurezza e dei rischi;

Naturalmente, le suddette statistiche sugli infortuni che si verificano nelle aziende forniscono preziose indicazioni per il controllo e l'ampliamento delle misure di sicurezza interne.

Le regolari analisi degli incidenti sono utili anche per svolgere le necessarie attività di prevenzione degli infortuni.

Un discorso a parte meritano i “near miss”, ovvero i c.d. quasi infortuni.

Per near miss intendiamo un qualsiasi evento, correlato al lavoro, che avrebbe potuto causare un infortunio e, per qualche motivo da indagare, non si è verificato.

I near miss sono definiti dei campanelli di allarme della prevenzione dalla cui analisi si possono evitare futuri infortuni sul lavoro.

La piramide di Heinrich è una teoria sulla sicurezza sul lavoro formulata da Herbert William Heinrich. Mostra una relazione tra gli incidenti seri, quelli minori e i mancanti incidenti (near miss) e propone l'assunto che, se si riescono a diminuire gli incidenti mancati (la base della piramide si riduce) si riesce a diminuire la probabilità dell'incidente fatale al vertice (fonte Wikipedia).

Secondo la citata teoria per ogni 300 quasi infortuni (near miss) ci saranno 29 eventi con lesioni ed un infortunio con esito mortale.

Difatti, analizzare le cause di un incidente/infortunio può consentire di:

  • individuare le carenze nel sistema di prevenzione/protezione;
  • identificare le azioni correttive e la relativa urgenza (eventuali misure alternative temporanee);
  • individuare i fattori che possono causare e/o contribuire all'accadimento di incidenti/infortuni;
  • identificare le opportunità per un miglioramento continuo.

Come migliorare la sicurezza sul lavoro e ridurre gli infortuni

Il punto di partenza è sicuramente la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali ed il miglioramento delle condizioni di lavoro che dipendono, prima di tutto, dalla conoscenza dei rischi ai quali si è esposti ogni giorno durante lo svolgimento della propria attività lavorativa nonché, dalle misure di prevenzione e protezione che si possono mettere in campo.

La conoscenza dei rischi avviene attraverso le attività di:

  • Informazione (art. 36);
  • Formazione (art. 37);
  • Addestramento (art 37);

Il D.Lgs. 81/2008 all'art.2 definisce l'informazione come il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro.

La formazione come il processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi.

Mentre l'addestramento consiste nel complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di:

  • Attrezzature;
  • Macchine;
  • Impianti;
  • Sostanze;
  • Dispositivi;

anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro.

La situazione nelle imprese in Italia

In primis è necessario effettuare una distinzione fra piccole, medie e grandi aziende, evidenziando che il tessuto imprenditoriale italiano è costituito per oltre l'75% da PMI dove, nella maggior parte dei casi, la gestione della sicurezza e salute sul lavoro (SSL) è assolutamente carente: i lavoratori sono esposti a un maggior rischio di infortuni sul lavoro e di patologie lavoro correlate proprio in ragione del fatto che, i temi della sicurezza vengono visti più come un costo che come un'opportunità.

Molti ignorano che In Italia un infortunio di durata non elevata (sotto i quaranta giorni) costa in media 23.000 euro, con l'azienda che ne sostiene il costo diretto in una percentuale compresa tra il 45 e il 60%, senza contare i possibili risvolti penali che ne possono derivare sia per gli amministratori che per la società, in caso di lesioni gravi o morte del lavoratore.

“Ancora ad oggi ci chiediamo troppo spesso perché in Italia anche tra gli addetti ai lavori, stenti ancora ad emergere la necessità di un cambio culturale e si continuino ad invocare, per fare prevenzione, sanzioni sempre più severe piuttosto che la condivisione della utilità di comportamenti sicuri”.

Sono le parole di Luca Andreani, titolare del Centro Antinfortunistico Andreani, esperto del settore sicurezza sui luoghi di lavoro che ha una visione diretta ed immediata di quello che è lo stato dell'arte.

Gli ho chiesto un parere per comprendere come gli imprenditori si approcciano al tema della sicurezza, visto che quotidianamente si interfaccia con loro.

Per molti sarebbe utopistico parlare, fino a poco tempo fa in un momento di emergenza pandemica e, ad oggi di rincaro dei pezzi di luce e gas, di investimenti finalizzati al miglioramento della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che, quotidianamente, rischiano la propria stessa sopravvivenza, eppure è proprio in momenti come questi che la società intera, ed in particolare le istituzioni e le parti sociali direttamente coinvolte nelle attività produttive, dovrebbero interrogarsi sul futuro.

La prima delle possibili risposte prende le mosse dal dato statistico che le cause degli infortuni, soprattutto nelle micro e medie imprese, sono molto spesso determinate non tanto da motivi tecnici, quanto piuttosto da motivi comportamentali addebitabili all'uomo, includendo in tale accezione, ovviamente, non solo il lavoratore, ma anche il preposto, il dirigente e lo stesso datore di lavoro.

A tal proposito è bene ricordare che il DL 146/2021, convertito nella Legge 215/2021 ha apportato diverse modifiche al T.U.S.L. in particolare relativamente alla figura del datore di lavoro.

Fino ad oggi il datore di lavoro non ha aveva obblighi in materia di formazione, se non nel caso in cui ricopriva la qualifica di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), mentre d'ora in poi anche i datori di lavoro dovranno effettuare la formazione.

Le misure non sono tuttavia attualmente applicabili, in attesa che la Conferenza permanente Stato-Regioni adotti un accordo che individui la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro.

La figura del preposto

Altra modifica di rilevante interesse riguarda il preposto.

L'art 2 del Decreto legislativo del 9 aprile 2008 n. 81 definisce il preposto:

e) "preposto": persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.

Il preposto è una figura chiave nella gestione della salute e sicurezza dei lavoratori, in quanto deve svolgere il delicato ruolo di vigilanza sull'operato dei lavoratori, verificando la corretta attuazione delle misure di sicurezza tese alla protezione dei lavoratori e alla prevenzione dei rischi presenti negli ambienti di lavoro.

Gli obblighi del preposto sono (art. 19 D.Lgs. 81/2008):

  • sovrintendere e vigilare sull'osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell'inosservanza, interrompere l'attività del lavoratore e informare i superiori diretti;
  • verificare affinché soltanto i lavoratori che abbiano ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
  • richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
  • informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
  • astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
  • segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
  • in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l'attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate;
  • frequentare appositi corsi di formazione (art. 37 D.Lgs. 81/2008).

La formazione

Dunque la formazione riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione degli infortuni, e riguarda non solo i lavoratori, ma anche i preposti e i dirigenti e che finalmente, nel 2011 e 2012, è stata definita, nelle sue modalità attuative, dagli Accordi Stato/Regioni, i quali ribadiscono in modo chiaro ed inequivocabile che la formazione ivi definita costituisce un "minimum" sotto il quale è giuridicamente vietato scendere, ma che non può considerarsi esaustiva, dal momento che la formazione che deve essere erogata, da parte del datore di lavoro ad "ogni singolo lavoratore", per renderlo abile a svolgere la mansione assegnatagli, non può che derivare dalla valutazione dei rischi aziendali.

Sicuramente il nuovo comma 5 dell'art. 37 D.Lgs. 81/2008, così come modificato dal DL 146/2021 ha migliorato la fase dell'addestramento che adesso deve consistere nella prova pratica:

  • L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. L'addestramento consiste nella prova pratica, per l'uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l'addestramento consiste, inoltre, nell'esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato.

Ma la formazione da sola non è sufficiente se poi non si pretendono comportamenti tesi al rispetto delle regole.

Non serve a nulla formare i datori di lavoro, i propri dirigenti, preposti e lavoratori se poi si tollerano, o addirittura si consentono, comportamenti non coerenti con tali insegnamenti.

In moltissimi casi la sicurezza sui luoghi di lavoro viene barattata con l'aumento della produttività aziendale, con il risparmio di spesa consistito nella mancata erogazione dei corsi di formazione o, peggio ancora, con il mancato l'adeguamento degli impianti di sicurezza.

Invece sarebbe il caso di adottare un comportamento proattivo verso i temi della sicurezza nel senso che, bisogna tendere a determinare i cambiamenti piuttosto che ad assecondarli, partendo da un punto fondamentale, ovvero che il rischio zero non esiste, di conseguenza nel campo della sicurezza si parla di mitigazione del rischio, cercando, di abbassare la soglia del rischio quanto più possibile, fino a portarla vicino allo zero.

Il ruolo del lavoratore nella prevenzione

Non va dimenticato, infine, che fin dagli anni '50 è obbligatorio non solo “disporre” ma anche “…..esigere……” che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione.

L'obbligo riaffermato, prima dal D.Lgs. 626/94 e poi, in modo del tutto analogo, ripreso dal D.Lgs. 81/2008, prevede ancora oggi a carico del datore di lavoro, l'onere di “richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione”.

L'art. 18, comma 3-bis del c.d. Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, testualmente recita: “Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l'esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti”.

Ed a ben guardare è proprio questa una delle peggiori incompletezze del TUSL, ovvero la mancata previsione di una puntuale verifica di sé stesso, che di contro, è espressamente prevista sia nelle Linee Guida UNI-INAIL, sia nelle ISO 45001:2018.

L'organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attive procedure per definire:

  • Le responsabilità, le competenze e i requisiti per pianificare e condurre gli audit, per riportarne i risultati e per conservarne le relative registrazioni;
  • La determinazione dei criteri, della frequenza e della metodologia degli audit;
  • La selezione degli auditor e la conduzione degli audit devono assicurare l'obiettività e l'imparzialità del processo di audit”.

In conclusione

A questo punto ritengo si possa concludere che la nuova configurazione della legislazione di salute e sicurezza sul lavoro, così come disegnata dal D.Lgs. 81/2008, abbia una forte valenza sistemica, ma l'integrazione con un SGSL più strutturato e capace di colmare le sue carenze, oltre che consigliata dalla stessa norma con la previsione dell'art. 30, sia non solo possibile, ma doverosa e quasi naturale per tutti i datori di lavoro, pubblici o privati che, indipendentemente dalla tipologia e dalle dimensioni della propria azienda.

Il tutto proteso in un'ottica finalizzata a dimostrare di avere adottato, nel rispetto dell'articolo 2087 del codice civile: “le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori”.

Anche perché, nessuna azienda può ormai esimersi dall'implementare un sistema integrato di Qualità, Sicurezza ed Ambiente finalizzato alla soddisfazione dei propri clienti, nel rispetto dell'ambiente e della salute e sicurezza dei lavoratori, mediante politiche e procedure coerenti e convergenti tra loro.

Ma perché ciò avvenga è indispensabile agire in maniera coordinata su più fronti: il ruolo delle istituzioni che, prima a livello legislativo, colmino il vuoto applicativo che ancora riguarda alcuni istituti fondamentali, come la qualificazione delle imprese, il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei Luoghi di Lavoro ed il Comitato per l'interpello.

Successivamente, a livello ispettivo, attuino una pianificazione attenta e mirata non solo della programmazione delle visite ispettive, ma anche delle loro metodologie di attuazione, ed infine a livello giudiziario c'è bisogno di un sempre maggior numero di magistrati specializzati in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Non si può pretendere che datori di lavoro e dirigenti implementino procedure di sicurezza ed attuino, anche attraverso i propri preposti, una sicurezza sistemica se chi li governa, chi li controlla ed eventualmente chi li giudica, non adotta, conosce ed applica le medesime regole.

L'obiettivo non è facile, ma è dovere di tutti adoperarsi per raggiungerlo, la sfida è aperta ed il PNRR potrebbe essere l'occasione giusta per porre in campo ogni utile azione sinergica finalizzata al miglioramento dei temi della sicurezza.

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