Il bilancio di sostenibilità è un tema fortemente discusso negli ultimi anni e ancora molto attuale dall'ottica del Legislatore. Il presente articolo ha l'obiettivo di descrivere, in estrema sintesi, gli aspetti salienti dell'argomento, concentrandosi sulle motivazioni che spingono le imprese a predisporre un bilancio di sostenibilità, così come le sue caratteristiche principali e la normativa attualmente in vigore. Nello specifico, dopo aver delineato il contesto e, in particolare, le esigenze delle imprese che giustificano lo sviluppo della comunicazione non finanziaria, si prosegue con la sua definizione in senso ampio, per poi passare al bilancio di sostenibilità, ai casi in cui la sua predisposizione è obbligatoria e agli standard di rendicontazione. Infine, si analizza brevemente l'Integrated Reporting come casistica particolare di integrazione tra comunicazione finanziaria e non financial disclosure.
Il bilancio di sostenibilità – o, più in generale, la rendicontazione non finanziaria – è un tema emergente e fortemente dibattuto negli ultimi anni, dato che l'attenzione delle aziende si è ampiamente incentrata sui temi inerenti alla sostenibilità ed è sempre più percepita la necessità di valorizzare il proprio patrimonio intangibile. Il motivo principale per cui queste tematiche sono diventate rilevanti è il cambiamento nelle dinamiche dei mercati in seguito agli anni '70-'80, dato che le aziende si sono focalizzate sempre più sull'apporto di un proprio contributo positivo verso l'ambiente esterno piuttosto che sulla mera soddisfazione del cliente. Proprio in questo periodo, infatti, è nato il termine “Corporate Social Responsibility”, il quale definisce l'importanza di perseguire una strategia che rispetti i valori sociali e gli obiettivi del contesto in cui operano le imprese, piuttosto che ricercare soltanto il profitto individuale (Ackerman, 1975). Inoltre, nel medesimo periodo, si è accertato che per mantenere un vantaggio competitivo sostenibile in un orizzonte di lungo termine e conservare (o migliorare) la propria posizione competitiva non è più sufficiente ottenere dei buoni risultati reddituali, bensì è importante impostare una strategia che tenga conto delle necessità e delle richieste di tutti gli attori presenti nel mercato. Di conseguenza, è fondamentale impostare e sviluppare una rete di relazioni con i soggetti esterni (cd. “stakeholders”), sia per comprendere al meglio e in modo tempestivo i loro bisogni, che per soddisfarli collaborando con altri attori. Ciò porta al perseguimento di un duplice risultato positivo, ovvero essere di supporto sia allo sviluppo sociale e al miglioramento ambientale del territorio in cui si opera, che contribuire alla sua crescita economica nel tempo. Per le ragioni appena citate, le imprese si sono focalizzate sempre di più sulla comunicazione delle proprie strategie e dei risultati raggiunti sia a livello economico che sociale ed ambientale, in modo da legittimare la propria posizione nel contesto competitivo tramite la dichiarazione del valore che viene creato e condiviso con l'esterno. Il bilancio di sostenibilità – nelle sue varie declinazioni, e.g. dichiarazione non finanziaria, report di sostenibilità, report integrato, etc. – è uno degli strumenti che, in questo contesto, si è dimostrato maggiormente d'aiuto alle imprese, in quanto permette di soddisfare la loro necessità di comunicare verso l'esterno il proprio modello di business in modo trasparente e credibile.
La differenza tra comunicazione non finanziaria e reporting non finanziario
Prima di approfondire il tema del bilancio di sostenibilità, tuttavia, è importante chiarire le differenze che sussistono tra comunicazione non finanziaria, in senso ampio, e reporting non finanziario in senso stretto (i.e. il bilancio di sostenibilità). Con il termine “comunicazione”, infatti, si intende generalmente l'insieme degli strumenti, più o meno legati al bilancio e alla reportistica, che utilizzano le aziende per comunicare gli aspetti intangibili del proprio modello di business, inclusa la sostenibilità. È quindi opportuno considerare le informazioni divulgate tramite il proprio sito internet, le piattaforme social, gli spot pubblicitari, ovvero tutti i mezzi comunicativi che, pur non essendo strettamente legati all'ambito accounting, contribuiscono alla diffusione dei valori perseguiti, delle strategie legate all'innovazione e alla sostenibilità, così come le azioni concretamente poste in essere e i risultati raggiunti nel tempo. Adottare metodologie che non si limitino al bilancio di sostenibilità ma utilizzino anche diversi canali e chiavi comunicative, infatti, permette alle aziende di non rivolgersi solo ai propri shareholders o ad altri soggetti che osservano con attenzione la reportistica, ma anche a tutti gli stakeholders, come i clienti e i competitor, che sono più sensibili ad altre tipologie di disclosure. In un contesto che richiede di focalizzarsi sulla cooperazione e sull'attività di networking, diversificare i propri strumenti di comunicazione è fondamentale, in quanto rappresenta una strategia estremamente efficace per rivolgersi in modo idoneo ed efficace a tutti i soggetti che ripongono il proprio interesse nell'azienda.
Reporting obbligatorio o su base volontaria: la dichiarazione non finanziaria
Passando ora dalla prospettiva della comunicazione finanziaria in senso ampio a quella più specifica degli strumenti in ambito accounting, management e reporting, è importante considerare che non tutte le aziende sono obbligate ad elaborare e divulgare un bilancio di sostenibilità. Nello specifico, la direttiva europea 2014/95/UE – recepita in Italia dal D.Lgs. 254 del 30 dicembre 2016, entrato in vigore in data 25 gennaio 2017 – è stata la prima fonte normativa a disporre l'obbligatorietà, per alcune tipologie di imprese, di redigere un Bilancio di Sostenibilità, in questo caso sottoforma di Dichiarazione Non Finanziaria (DNF). Quest'ultima ha l'obiettivo principale di rendicontare e divulgare tutte le informazioni e gli elementi del business model che riguardano gli aspetti di carattere sociale, ambientale e di governance, misurandoli tramite appositi indicatori di performance. In particolare, sono richiesti dettagli inerenti al trattamento dei propri dipendenti, alla tutela dei diritti umani, al mancato esercizio di corruzione e concussione, alla diversità ed inclusione soprattutto a livello del Board of Directors. La DNF è diventata quindi un mezzo per divulgare le proprie politiche di Corporate Social Responsibility (CSR) e gli obiettivi di sviluppo sostenibile perseguiti dall'azienda secondo i Sustainable Development Goals presentati nell'Agenda 2030 dall'ONU. In particolare, la normativa italiana ha selezionato i seguenti criteri per definire quali aziende sono obbligate a redigere la DNF:
1) essere un Ente di interesse pubblico, i.e. società quotate in borsa, banche, assicurazioni e imprese di riassicurazione;
2) avere più di 500 dipendenti e un parametro a scelta tra:
a) attivo pari o superiore a 20 milioni di euro;
b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni pari o superiori a 40 milioni di euro;
3) in alternativa, essere società madri di un grande gruppo con le caratteristiche ai punti 1 e 2. Ad ogni modo, la Commissione Europea mira ad un'inclusione delle imprese sempre maggiore nella disciplina della rendicontazione non finanziaria; nella proposta di Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) pubblicata il 21 aprile 2021, infatti, si è suggerito un ulteriore step di miglioramento nella reportistica di sostenibilità, in modo da contribuire in modo più generale ed efficace alla green transition a livello europeo. Di conseguenza, per il futuro, si auspica un maggior coinvolgimento su base obbligatoria anche delle società non rientranti nei vincoli appena elencati per quanto riguarda la predisposizione di un bilancio di sostenibilità. Oltre alla DNF predisposta in modo obbligatorio, però, le aziende hanno a loro disposizione altri strumenti facoltativi che rientrano nel concetto di Bilancio di Sostenibilità, come il Sustainability Report, l'Integrated Reporting o il Bilancio Sociale e/o Ambientale.
Gli standard di rendicontazione
Nonostante il D.Lgs. 254/2016 preveda almeno per alcune categorie di imprese la predisposizione della reportistica di sostenibilità sotto forma di DNF, tale normativa non fornisce alcuna indicazione sugli standard da utilizzare per la rendicontazione. È quindi evidente come non ci sia ancora una definizione precisa e uniforme delle regole che devono essere adottate dalle imprese nella redazione del Bilancio di Sostenibilità, al contrario di quanto stabilito per la rendicontazione finanziaria alla quale sono stati dedicati precisi standard nazionali (OIC) ed internazionali (IAS/IFRS). Al momento, gli standard più utilizzati sono rappresentati dal Sustainability Reporting Framework proposto dalla Global Reporting Initiative (GRI) ai fini della rendicontazione delle performance. In particolare, questi ultimi sono costituiti da una parte di standard cd. “universali” (GRI 101, 102 e 103) e tre macro-categorie di contenuti aggiuntivi, ovvero gli standard “topic specific” riguardanti l'ambito economico (da GRI 200), ambientale (da GRI 300) e sociale (da GRI 400). L'applicazione degli standard GRI è su base volontaria, quindi il contenuto del report sarà meramente il risultato di un'autovalutazione (pur essendo basata sui criteri “GRI application levels”); tuttavia, le organizzazioni possono optare per certificare il proprio documento richiedendone al GRI stesso una verifica, oppure mediante il giudizio di una società terza di assurance. Ad ogni modo, questo è solo il Framework maggiormente utilizzato per il bilancio di sostenibilità; sono infatti presenti altri standard utilizzabili dalle aziende, come quelli proposti dal Sustainability Accounting Standards Board (SASB) o altri legati a tipologie specifiche di rendicontazione non finanziaria, come l'iniziativa della Task Force for Climate-related Financial Disclosures (TCFD) per il bilancio ambientale. Per il futuro, inoltre, sono in cantiere alcune iniziative proposte da enti rilevanti a livello internazionale, che hanno l'obiettivo di armonizzare i vari standard attualmente presenti e creare un modello universale ed eventualmente obbligatorio (secondo quanto poi verrà disposto dai vari Paesi) per redigere un bilancio di sostenibilità. Le due iniziative principali work-in-progress sono, in particolare, quelle proposte dalla Fondazione IFRS, la quale ha istituito appositamente l'International Sustainability Standard Board (ISSB) per occuparsi di questo progetto, e le linee guida dell'European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), in risposta alla Direttiva Europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive).
L'Integrated Reporting
Un altro schema tra i più comunemente utilizzati per la predisposizione della reportistica di sostenibilità è l'Integrated Reporting Framework (<IR> Framework), sviluppato dall'International Integrated Reporting Council (IIRC) con l'obiettivo di integrare le informazioni finanziarie con i dati di carattere non finanziario e descrivere il processo tramite il quale il business model aziendale crea valore nel medio-lungo termine. In particolare, l'IR rappresenta gli asset aziendali come stock di capitale di varia natura, che vengono gestiti e ad accumulati nel tempo. In questo modo, si provvede alla rappresentazione sullo stesso piano sia delle risorse tangibili che intangibili, evidenziando l'impatto delle risorse finanziarie, produttive, intellettuali, umane, sociali, relazionali e naturali a disposizione dell'azienda sulla generazione dei rispettivi outcomes. Oltre a ciò, l'IR si focalizza in modo importante sul contesto in cui l'ente opera, sulla strategia dell'organizzazione e sul suo orientamento futuro, per definire in modo più trasparente e chiaro il processo di creazione del valore ed i relativi rischi ed opportunità.
Considerazioni conclusive
Il tema della comunicazione non finanziaria, per le varie motivazioni riportate nei paragrafi precedenti, è estremamente attuale e si sta dimostrando di forte rilevanza per le imprese. Ciò è confermato dalla necessità di nuovi standard che armonizzino la rendicontazione e che, proprio in questo periodo storico, si stanno sviluppando a livello internazionale. Inoltre, secondo le varie teorie economiche (i.e. la Stakeholders Theory, Signalling Theory e Legitimacy Theory) le organizzazioni sono sempre più motivate a comunicare ai propri stakeholders l'impatto generato sul territorio, per stabilire un'interazione stabile, segnalare la propria posizione nel contesto competitivo e legittimarla secondo i valori della società contemporanea. La comunicazione non finanziaria, e in particolare il bilancio di sostenibilità, sono un ottimo modo per ottenere questi risultati e mantenere il vantaggio competitivo delle aziende. Di conseguenza, si prevede che un numero sempre maggiore di imprese – sia su base volontaria che con l'evoluzione della normativa e sia di dimensione grande che PMI – affiancherà il proprio Bilancio d'Esercizio ad un Bilancio di sostenibilità e dedicherà maggiori investimenti alla propria comunicazione non finanziaria.