lunedì 19/09/2022 • 06:00
Nell'ambito di una vendita immobiliare tra soggetti passivi, non si può negare la detrazione IVA per il solo fatto che l'acquirente sapeva o avrebbe dovuto sapere che il venditore si trovava in difficoltà finanziarie o in insolvenza, comportando il mancato versamento dell'IVA (CGUE, HA.EN., C-227/21, sentenza del 15 settembre 2022).
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L'art. 168, lett. a), della Direttiva IVA 2006/112/CE va interpretato nel senso che esso osta a una prassi nazionale consistente, nell'ambito della vendita di un bene immobile tra soggetti passivi, nel negare all'acquirente il diritto di detrarre l'imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta a monte per il solo fatto che questi sapeva o avrebbe dovuto sapere che il venditore si trovava in difficoltà finanziarie, oppure in uno stato di insolvenza, e che tale circostanza poteva comportare la conseguenza che il venditore medesimo non avrebbe versato o non sarebbe stato in grado di versare l'IVA all'erario. A queste conclusioni è giunta la Corte di Giustizia nella sentenza del 15 settembre 2022, a conclusione del giudizio HA.EN., C-227/21.
Detrazione IVA e fenomeni fraudolenti
Il diritto alla detrazione IVA, previsto dall'art. 168 della Direttiva IVA 2006/112/CE, è volto ad esonerare interamente l'imprenditore dall'IVA dovuta o assolta nell'ambito di tutte le sue attività economiche, garantendo così la perfetta neutralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette, purché queste siano in linea di principio di per sé soggette ad IVA (CGUE, Senatex, C-518/14). Diritto che, in linea di principio, non potrà essere soggetto a limitazioni (CGUE, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18). Sarà così irrilevante, ai fini del diritto del soggetto passivo di detrarre l'IVA pagata a monte, stabilire se il fornitore dei beni abbia versato o meno l'IVA dovuta su operazioni di vendita all'erario (CGUE, PPUH Stehcemp, C-277/14). Subordinare il diritto a detrazione dell'IVA all'effettivo previo pagamento della stessa da parte del fornitore di beni comporterebbe che il soggetto passivo sarebbe soggetto ad un'imposizione economica cui non è tenuto e che il sistema delle detrazioni mira proprio ad evitare (CGUE, Véleclair, C-414/10).
Frodi nel sistema IVA
La Corte di Giustizia, nella pratica volta alla lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi, ha costantemente dichiarato che i soggetti non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme dell'UE, essendo inoltre compito delle singole autorità nazionali e dei giudici di negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (Kuršu zeme, C-273/18).
Proprio per il motivo che il diniego della detrazione costituisce un'eccezione all'applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, sarà onere delle autorità tributarie dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentano di concludere che il soggetto passivo abbia commesso una frode o un abuso di diritto, o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una frode. La verifica poi se le amministrazioni finanziarie interessate abbiano dimostrato l'esistenza di tali elementi oggettivi spetterà ai giudici nazionali (CGUE, Ferimet, C-281/20).
La Corte di Giustizia ha poi sottolineato come nei limiti in cui il soggetto passivo abbia debitamente adempiuto ai propri obblighi dichiarativi in materia IVA, il mero omesso versamento dell'imposta debitamente dichiarata non potrà, indipendentemente dal carattere intenzionale o meno di una siffatta omissione, costituire una frode in materia di IVA (CGUE, Scialdone, C-574/15).
Pratiche abusive
E' bene poi mettere in risalto un aspetto peculiare del diritto UE, confermato poi dalla CGUE, secondo cui la legislazione unionale in materia IVA osta al diritto del soggetto passivo di detrarre l'IVA assolta a monte allorché le operazioni che fondano tale diritto integrino un comportamento abusivo (CGUE, Halifax, C-255/02). Diritto che non potrà estendersi a comportamenti abusivi di operatori economici, ossia le operazioni realizzate non nell'ambito di transazioni commerciali normali ma al solo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto stesso (CGUE, Weald Leasing, C-103/09). In materia di IVA, l'accertamento dell'esistenza di un comportamento abusivo richiede la sussistenza di due condizioni: i) da un lato le operazioni devono, nonostante l'applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e dalla normativa nazionale di recepimento, avere come risultato l'ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all'obiettivo perseguito da tali disposizioni; ii) dall'altro che da un insieme di elementi oggettivi debba risultare come lo scopo essenziale delle operazioni si limiti all'ottenimento di tale vantaggio (CGUE, Halifax, C-255/02 e Ferimet, C-281/20)
La vicenda
In seguito alla stipulazione di un contratto di mutuo con il quale un'agenzia immobiliare otteneva da un istituto di credito un cospicuo finanziamento per l'esercizio dell'attività nel settore edilizio, il mutuatario, al fine di garantire il corretto adempimento del contratto, concedeva alla banca un'ipoteca volontaria su una particella di terreno situata nella città di Vilnius (Lituania) con l'edificio in costruzione ivi esistente. In epoca successiva, una società acquistava dalla banca tutti i crediti finanziari derivanti da tale contratto di mutuo, nonché tutti i diritti costituiti a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni, compresa anche la garanzia ipotecaria. Con la stipula del contratto, la finanziaria acquirente confermava di aver conosciuto la situazione economica e finanziaria, nonché lo status giuridico del mutuatario e di essere a conoscenza del fatto che quest'ultimo fosse insolvente, risultando altresì sottoposto ad una procedura di risanamento aziendale. In seguito poi ad una vendita all'asta dei beni del mutuatario, risultata infruttuosa, un immobile veniva offerto alla finanziaria, con conseguente soddisfo di una parte dei crediti: bene che veniva poi accettato, cosicché seguiva un atto di assegnazione del bene al creditore procedente, mediante il quale l'ufficiale giudiziario trasferiva tale bene immobile. Così il venditore emetteva una fattura con esposizione dell'IVA, a cui seguiva una registrazione del documento fiscale da parte dell'acquirente (la finanziaria creditrice): entrambi i soggetti detraevano la corrispondente IVA, ma il cedente non versava l'IVA dovuta allo Stato.
In seguito la società finanziaria presentava istanza all'Amministrazione finanziaria del rimborso dell'eccedenza IVA risultante dall'imposta a monte detraibile dichiarata. Successivamente ad un controllo fiscale, l'Ufficio accertava che tale società, avendo effettuato operazioni volte all'acquisto dell'immobile allorché sapeva o avrebbe dovuto sapere che il mutuatario non avrebbe versato l'IVA per tale operazione, aveva agito in mala fede commettendo un abuso di diritto. Cosicché le veniva negata la detrazione dell'IVA da parte del Fisco che notificava alla contribuente un avviso di accertamento, prontamente impugnato dalla società dinnanzi al giudice tributario che, in rigetto del ricorso, confermava la “linea” del Fisco. Solo la Corte suprema lituana, adita dalla società dopo i rigetti dei ricorsi compiuti da entrambi i giudici di merito, decise di sospendere il procedimento sottoponendo alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: «Se la [direttiva 2006/112], in combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, debba essere interpretata nel senso che essa vieti o meno una prassi delle autorità nazionali in forza della quale il diritto di un soggetto passivo alla detrazione dell'IVA a monte viene negato quando tale soggetto, al momento dell'acquisto di un bene immobile, sapeva (o avrebbe dovuto sapere) che il cedente, a causa della propria insolvenza, non avrebbe versato (o non sarebbe stato in grado di versare) l'IVA a valle al bilancio dello Stato».
Osservazioni finali
La Corte di Giustizia, allineandosi con le conclusioni rassegnate dall'Avvocato generale, ha ritenuto che l'art. 168, lett. a), della Direttiva IVA 2006/112/CE va interpretato nel senso che esso osta a una prassi nazionale consistente, nell'ambito della vendita di un bene immobile tra soggetti passivi, nel negare all'acquirente il diritto di detrarre l'imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta a monte per il solo fatto che questi sapeva o avrebbe dovuto sapere che il venditore si trovava in difficoltà finanziarie, oppure in uno stato di insolvenza, e che tale circostanza poteva comportare la conseguenza che il venditore medesimo non avrebbe versato o non sarebbe stato in grado di versare l'IVA all'erario.
In buona sostanza, la detrazione IVA sarà salvata e garantita qualora un soggetto sapeva o avrebbe dovuto sapere della situazione di insolvenza o delle difficoltà finanziarie della sua controparte, nonostante quest'ultima non versi o non sia in grado di corrispondere l'imposta alle casse erariali.
Questo aspetto vagliato dalla Corte di Giustizia è di estrema importanza siccome mette al centro il principio della neutralità dell'imposta, garantendo la detrazione IVA.
Fonte: UE, HA.EN., C-227/21, sentenza del 15 settembre 2022
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